Editoriale teranno fitori dai rispettivi partiti, non ne deriverà altra conseguenza se non quella, positiva, di un chiarimento di situazioni equivoche. Di grande rilievo politico ci sembra invece ciò che è avvenuto nel corso dei negoziati sul rilancio dell'apertura a sinistra per quanto riguarda la Federconsorzi. La battaglia ingaggiata dalla pubblicistica democratica per mettere sotto accusa la gestione bonomiana della Federconsorzi (una battaglia il cui più significativo e illuminante documento resta il rapporto di Manlio Rossi Doria alla Commissione parlamentare d'inchiesta sui monopoli) sembrava ad alcuni una battaglia che non poteva essere vinta da chi l'aveva ingaggiata, sia perché i democristiani erano condizionati dalla forza elettorale e parlamentare di Bonomi, sia perché i comunisti avevano cercato di « strumentalizzarne » i temi ai fini di una campagna agitatoria di carattere scandalistico. Ma, in conseguenza di quella battaglia, la situazione si è mossa all'interno della Federconsorzi. C'è stata una insurrezione dei consorzi provinciali, i quali oggi chiedono: il riesame delle convenzioni stipulate dalla Confederazione con le ditte fornitrici per decidere fino a che punto tali convenzioni siano veramente utili e convenienti, e soprattutto se esse devono essere confermate, modificate o addirittura annullate; la revisione della situazione per cui vi sono centinaia di società « collegate » che risultano, a giudizio di molti, poco ittili e poco efficienti, onde si deve decidere se eliminarle o quanto meno rif armarle, con particolare riguardo alla conduzione tecnica ed amministrativa; la presentazione dei « conti » relativi alla gestione degli ammassi, « per stabilire ciò che ha indebitamente incassato la Federconsorzi e di quanto sono stati derubati i Consorzi agrari» (vedi «L'Espresso» del 1° Dicembre, pag. 11 ). E quando lo stesso presidente della Federconsorzi afferma che l'organismo da lui presiedu.to è « malato » e non ha bisogno di « ricostituenti » ma di « vere e proprie operazioni chirurgiche », allora possiamo dire non di aver vinto una battaglia (che continua) ma che ci sono tutte le premes~e per vincerla, questa battaglia; e le premesse per vincerla ci sono perché in democrazia le battaglie si combattono, e si possono vincere, studiando e discutendo e scrivendo e parlando, anche se i qualunquisti credono che tutto questo sia inutile ed equivalga a « fare chiacchiere », senza che nulla possa cambiare. Le cose cambiano, invece, e anche un nodo di potere come quello rappresentato da Bonomi può essere sciolto o reciso adoperando, saggiamente e risolutamente, le armi di cui dispone una democrazia efficiente e sempre più radicata nel costume politico del paese. Ora spetta al governo di centro-sinistra il compito di risolvere questo problema che la pubblicistica democratica ha coraggiosamente inz4 Bibliotecaginobianco
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