Nord e Sud - anno X - n. 48 - dicembre 1963

Recensioni che « nel secondo dopoguerra coloro che ogni giorno o quasi fruiscono di trasmissioni radiotelevisive hanno superato 1'80% della popolazione di oltre 12 anni» (p. 107); e dopo di aver osservato che, essendo per lo più la televisione vista in compagnia, i suoi modelli linguistici « raggiungono una forza di immediata penetrazione ignota ad ogni altro tipo di trasmissione e fissazione di segni linguistici » {p. 107), sorge più imperiosa che mai la richiesta di una specificazione. A mo' d'esempio, proprio in riferimento a quel processo di arricchimento « dialettale» della li11gua, così nitidamente delineato dal De Mauro, viene da chieàersi se possa essere considerato un contributo, o non piuttosto una battuta d'arresto, l'italiano usato da un noto presentatore televisivo, le trasmissioni del quale, si noti, per lungo tempo in Italia sono state le uniche a destare un interesse veramente popolare. Non si tratta pertanto di storcere il muso, come in maniera acritica è stato pur fatto, verso i mezzi della « cultura di massa», ma si tratta invece di puntualizzare una zona d'ombra in un processo positivo. Egli « parla un basic italian. Il suo discorso realizza il massimo di semplicità. Abolisce i congiuntivi, le proposizioni subordinate, riesce quasi a rendere invisibile la dimensione sintassi. Evita i pronomi, ripetendo sempre per esteso il soggetto, impiega un numero stragrande di punti fermi. Non si avventura mai in incisi o parentesi, no·n usa espressioni ellittiche, non allude, utilizza solo metafore ormai assorbite dal lessico comune. Il suo linguaggio è rigorosamente referenziale e farebbe la gioia di un neo-positivista. Non è necessario fare alcuno sforzo per capirlo. Qualsiasi spettatore avverte che, all'occasione, egli potrebbe essere più faco~do di lui» (p. 75): è questo il compiuto ritratto che Umberto Eco, nel suo felicissimo Diario minimo, ha tracciato del surricordato presentatore. Un'ultima osservazione, infine. In un panorama così esemplarmente sistematico, come quello che De Mauro ha tracciato, manca forse un'adeguata attenzione al linguaggio dei politici. È questo uno dei settori in cui le novità linguistiche dei nostri anni più sono ostensibili. Se infatti vale ancora l'antica osservazione del Padre Geremia Bressellio « la lingua Politica è lubrica come anguilla in drappo di seta», dal De Mauro acconciamente riportata, non di meno molti altri fattori contribuiscono a far sì che e sul piano del lessico e su quello dello stile, nell'odierno linguaggio politico italiano appaiano vistose innovazioni, di cui va certamente tenuto conto. ANTONIO PALERMO Lirismo e realismo di Fenoglio Nel 1954, presentando nei «Gettoni» di Einaudi La Malora di Fenoglio, Vittorini esprimeva il suo compiacimento per la scoperta di una nuova, autentica voce del neorealismo italiano; ma nello stesso tempo manifestava 111 Bibliotecaginobianco

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