Antonio Palermo di milioni di dialettofoini a italafoni, quale è il loro comportamento nell'ambito della « madre lingua»?_ Come, dove, la par~ano, l'ascoltano? E, soprattutto, dove la leggono? È chiaro che rispondere a queste domande equivale a fornire una radiografia della odierna realtà italiana, con i suoi massicci spostamenti di popolazione dal Sud. al Nord, con il suo crescente urbanesimo, con i suoi indici di diffusio~e dei mezzi d'informazione e degli strumenti di comunicazione, con la esp,ansione, e la valid~tà, discutibile, delle sue strutture scolastiche e, perché no, con la valutazione della sua coscienza politica, e così via. Un quadro vastissimo, nella comprensione del quale, le cifre, le tabelle sono d'aiuto fino a w1 certo punto poiché, trattandosi di una realtà in fieri, sussistono varie possibilità di interpretazione. Di Mauro, nella sua valutazione integralmente positiva di tutti questi fenomeni, si è attenuto con intransigenza ai dati numerici, che da un determinato punto di vista inesorabilmente parlano chiaro: oggi vi è uria diffusione dell'italiano cl1e non è comparabile neppure a quella di pochi decenni fa. Il consumo della « lingua» che gli italiani fanno, mediante la stampa, il ci11ema, la radio, la televisione, per non parlare della scuola, ha subito vertigino,si aumennti. Ma, ci si chiedeva, quale è dunque oggi la lingua parlata degli italiani? De Mauro ha efficacemente delineato la sua progressiva assimilazione delle varie realtà dialettali, e questo è il movimento di fondo, quello che dà ragione sufficiente ad ogni interpretazione ottimistica. Egli ha altresì messo in luce come i tanto bistrattasi esotis1ni si riducano a ben poca cosa, continuamente selezionata rispetto al corpits della lingua - ci si ricorda, in· genere, solo dei nuovi barbarismi, ma non d.i quelli estinti dopo una breve vita -. Sicché è proprio la nitida consapevolezza che nessuna minaccia viene all'italiano da «Oltralpe» che fa apparire come vestigia pressoché incomprensibili di un passato remoto tentativi di « sostituzioni» che pur rientrano nell'esperienza prebellica: « schiamazzo » per reclame, « zozza » per cocktail, « bara » per bar ... Sulla positività di tutti questi fenomeni non mette conto di insistere. Ma quando_ poi De Mauro viene a illustrare partitamente l'ap,porto dato alla diffusione dell'italiano dai moderni mezzi d'informazione, starn.pa, cinema, radio, televisione, ci pare allora che un'eccessiva fiducia verso la bontà oggettiva delle grandi cifre gl'impedisca di porre in evidenza le ombre che pur acco-mpagnano un tale positivo processo. Egli cioè si limita a constatare che dalla « cifra miracolo» delle 20.000 copie del Messaggero st1llo scorcio dell'Ottocento siamo passati ai 25 milioni di persone raggiunte oggi dalla stampa quotidiana e settimanale. E un analogo discorso, cambiare le cose da cambiare, fa per il cinema, la radio, la televisione. Non si pone dunque il problema, soprattutto e proposito di questi ultimi mezzi d'informazione, di un'indagine qualitativa che distingua, che individui le specifiche fonti di parole, scritte o parlate, che, effettivamente raggiungono i milioni di dialettof oni che ancora sussisto-no nel nostro paese. Questa ricerca andava fatta per tutti i mezzi d'informazioni più su men:. zionati, ma soprattutto andava fatta per la televisione. Dopo di aver ricordato 110 Bibliotecaginobianco
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