Nord e Sud - anno X - n. 48 - dicembre 1963

Antonio Palermo vante. Sicché, volendo, si potrebbe addirittura foggiarne una prosopopea e veder l'italiano e i dialetti venire; di volta in volta, a· tenzone. Né si pensi a una monotona, seppur tenace, regressione dei dialetti incalzati dalla lingua - scuola, industria, stampa, ecc. aiutando - giaccl1~ la vivacità del conflitto è data proprio dalle trasformazioni che progre~- sivamente i contendenti subiscono. Se è vero che l'jtaliano medio oggi no,n è identico a quello del 1860, non è meno vero cl1e anche i dialett~ hanno subito p·alesi alterazioni, assirr1ilando lessico e strutture da quella lingua alla quale si appo 1 nevano. Grazie qui11di a una integrale storicizzazione delle vicende linguistiche di un secolo, De Mauro può affermare: « gjoverà sottolineare che il contributo dei dialetti alla lingua com11ne, visto nei suoi limiti effettivi, non può n{?n valutarsi positivamente, se si ritiene fatto positivo il disporre di un lessico espressivo più ricco e variato·; e va anche aggiunto che, se il rapporto tra lingua e d.ialetti dovesse essere concepito con i toni drammatici talora adoperati, se si dovesse parlare, come si è fatto, di « aggressione», gli aggrediti sarebbero da indicare nei dialetti, soggiacenti in ogni parte, all'influenza della lingua nazio·nale » (p. 162). Tuttavia, nonostante questo duplice processo in corso, che porta, come si è detto, da un lato, ad arricchire la « lingua», liberandola cioè dalle strettoie del fiorentinismo - siamo passati dalla « risciacquatura in Arno» del Manzoni a una situazio,ne in c11i « un vocabolo che suoni spiccatamente fiorentino trova spesso, appunto in questo suo carattere, il limite della propria esistenza» (Peruzzi) - e, dall'altro, alla progressiva italianizzazione dei dialetti, anche nella loro dimensione letteraria - un confronto attuato dal De l\,fauro fra il lessico di Belli e q11ello di Pas~arella e Trilussa è oltremodo significativo -, i segni dell'antica dicotomia permangono ancora. Essa, che sanciva, nelle sue punte estreme, diversi contenuti per la lingua e per i dialetti, è tuttora chiaramente visibile nell' « impressionante ipertrofia morfologica e fraseologica» della lingua, che è la migliore, persuasiva prova, a posteriori, della sua antica natura prevalentemente letteraria, « scritta». « Per esempio, una frase abbastanza banale come: ' devo aver visto tuo padre', tralasciando minori fenomeni stilistici, quali la presenza eventuale di troncamenti e le oscillazioni .nell'l1so dell'articolo, nell'italiano del Novecento ammette almeno 12 varianti di realizzazione semantica1nente equivalenti e poco o niente differenziate stìlistica1nente (devo / debbo avere / visto / veduto tuo padre/ papà /babbo)» (p. 31). Per converso, sull'opposta sponda, quella dei dialetti, il fenomeno di maggior rilievo, a parte tutte le altre trasformazioni, è costituito dalla penetrazione della lin.gua proprio in quelle aree che fino a un secolo fa erano di esclusiva pertinenza dialettale. Si ricordi: « dalla flora dell'artigianato, alla vita domestica, interi settori· di esperienza a metà Ottocento cadevano fuori delle possibilità linguistiche dell'italiano, con il quale era possibile riferirsi ad essi soltanto con perifrasi. .. » (p. 31). Oggi è ben diverso; grossi mutamenti sono avvenuti, stanno accadendo, e se varie sono le cause che è possibile enumerare, una, in questo caso, 108 Bibliotecaginobianco (.

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