Nord e Sud - anno X - n. 47 - novembre 1963

Marcello Fabbri Tali perplessità affiorano oggi più che 111ai,di fro~te alla faticosa gestazione dei poli di sviluppo. E Triggiani ha ricordato cl1e in particolare, non ha mancato di sottolineare l'utilità dei poli di sviluppo, proprio perché convinta che non si debbano disperdere capitali in mo,do improduttivo, senza cioè stabilire una adeguata differe11ziazione dei criteri di intervento. Ma questo - ha proseguito Triggiani - non ci sem1?ra voglia significare abbandonare al loro destino di misera e di arretratezza le zone più povere. Bisogna prima creare il reddito e questo può avvenire in aree che abbiano effettive possibilità di rapido sviluppo. Le zone più povere dovranno trovare un nuovo equilibrio, non più basato sulla povertà naturale, evidentemente, per partecipare allo sviluppo generale, per inserirsi in una politica coordinata, attuata a livello regionale ». Come è stato già notato su questa stessa rivista, l'attuale politica di intervento nel Mezzogiorno è frenata nella sua efficacia dalla mancanza di una ipotesi generale sulla localizzazione dello sviluppo,, cioè da una carenza di pianificazio,ne a livello regionale e interregionale che si traduce immediatamente in una carenza di organizzazione degli effetti indotti dello sviluppo su tutto il territorio. Non si sanno ancora vedere i problemi in maniera globale, nei riguardi di un coordinamento intersettoriale condotto con un'ampia visione territo 1riale. È il vecchio difetto della mancanza di coordinamento che è sempre stato rimproverato alla Cassa e che ancora non riesce ad essere superato, perché in realtà il difetto non risiede dentro la Cassa, ma fuori di essa: è infatti impossibile che un organismo riesca a programmare un intervento straordin.ario riguardante un buon terzo del territorio nazionale, quando invece l'intervento ordinario (e cioè l'organismo stesso dello Stato) è refrattario a qualsiasi forma di coordinamento, di ammodernamento,. di razionalizzazione, non dician10 poi di programmazione. Perciò, qt1alsiasi cosa si voglia fare nelle regio·ni del Mezzogiorno, la si deve fare con organjsmi straordinari, i quali devono spesso co-nsumare una buona parte delle loro energie a combattere contro le pastoie che lo Stato mette tutti i giorni sul loro cammino. Cosicché abbiamo sotto gli occhi il bello spettacolo di un Mezzogiorn_o animato da iniziative ed attività, mentre gli organi ministeriali e le loro estrinsecazioni locali aspettano brontolando in disparte che siano necessari qualche approvazione, visto, o controllo, per intralciare dispettosamente tutto. Considerazioni di questo genere, ed altre ben più vivaci, vengono spontanee a chi visiti la Fiera del Levante avendo ben chiaro sotto gli occhi il panorama di vaste zo·ne della Calabria e della Basilicata (praticamente di tutta la Calabria e di tutta la Basilicata, se si toglie alla seconda la .felice plaga Metapontina dove ha saputo operare. con particolare efficacia, l'Ente Riforma): il pano~ama fisico-geografico e il panorama della situazione economico-sociale e amministrativa. È evidente il contrasto fra un'area in fase di « decollo » e un hinterland molto pit1 vasto che, per analogia, potremmo dire in fase di « sotterrall?-ento ». Non è soltanto un'impressione drammatizzata ad effetto: basta scorrere i dati sull'incremento del reddito 72 Bibliotecaginobianco

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