La classe ideologica dustria ( « un nuovo esercito in cui gli industriali sono i generali, i commessi viaggiatori gli ufficiali, i lavoratori i soldati » 5 ) diventava così strumento di aggressione e di guerra per liberare la borghesia dal confronto di classe; il « diversivo » cl1e deve scavare il terreno sotto ai piedi del ceto operaio, il nuovo protagonista della civiltà industriale che minaccia la gerarchia borghese della cultura. Liquidando così una tradizione di libertà della cultura 6 l'intellettuale corradiniano diventava funzione dell'industria, integrato senza residui a certe strutture produttive, attestato su di una ben precisa frontiera di classe. La biografi.a dell'intellettuale prezzoliniano si disegna invece più articolata e più colta; ma al fondo della sua milizia è sempre riconoscibile la lotta al socialismo, anche se condotta con più elaborati strumenti ideologici. Esemplare è, ad esempio, di Prezzolini, la pur rozza « Teoria sindacalista » 1 in cui il sindacalismo - preteso superamento del liberalismo e del socialismo - ha « lo sguardo diretto più avanti e vuole salvare la produzione e la eredità dei borghesi »; esso viene propagandato come alternativa al giolittismo « per mascherare le tentatrici illusioni della 'collaborazione di classe' », frutto della 'viltà borghese' e della 'politica delle concessioni' che è 'la regola del governo borghese'. Il vero sindacalismo, quello prezzoliniano, corregge alcuni errori del sindacalismo corrente, curando « l'educazione del proletaria~o (e su ciò è bene insistere) a una ricostituzione della coscienza di classe della borghesia »; rivendica la « liberazione di tutte le classi, non soltanto quella puramente economica, ma anche ideologica »; rilancia l'iniziativa borghese perché « per ora la classe operaia è assolutamente incapace del coraggio che ci vuole per adottare la dottrina dei sindacalisti »; riconosce infine che il sindacalismo, se è colpevole s Le elezioni, firm. La Rivista, Il Regno, 1904, I, 48, in op. cit. p. 519. 6 A giudizio del Carrocci, bisogna distinguere fra « varie tendenze nazionaliste ... le quali spesso non erano che le tradizionali tendenze conservatrici liberali rivissute dalla giovane generazione dei trentenni » e il « vero e proprio movimento nazionalista » che « solo negli anni seguenti - 1912 e 1914... si differenziò uffi.cilamente dalla comune matrice unendo alla critica contro il socialismo una analoga critica prima contro la democrazia e poi contro il liberalismo (op. cit., p. 152). Ma bisogna tener presente che già nei primi anni del Regno l'ideologia nazionalista era articolata nei suoi motivi anche antiliberali; si veda, ad esempio, la risposta del Corradini al ·Compodonico: « Noi non avremmo sentito affatto il bisogno di fondare una rivista, se altro non ci fossimo proposti se non di essere una delle tante variazioni del liberalismo italiano. Bisogna una buona volta andar contro alla moda ... alla tradizione più inveterata e più consacrata de' partiti e de' poteri borghesi, e sostenere che si può fare una politica nazionale anche senza tirare in ballo la parola libertà e liberale ». Qualche altra parola, Il Regno, 1903, I, 3 in La cultura italiana del '900... op. cit., p. 451. 7 Perrella, Napoli, 1909. 115 Bibli tecaginobianco
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