Bruno Lauretan.o lo «stile» storiografico di J. Burckhardt) si rivelano· costruzioni provvisorie: e subito, nelle pieghe del « quadro», ricompare « il problema della continuità». Lo stesso Berardi ci avverte che, « una volta disegnato il quadro o il profilo in tutti i suoi particolari», occorre aver presente e far presente alla classe « che tutto si svolge incessantemente»; il che è come dire che è bene disfare quello che si era appena fatto. Parlererirmo al proposito di una forma di machiavellismo didattico che tenderebbe ad utilizzare, come espedienti, ancl1e sp·unti o tecniche destituiti di valore scientifico. Proprio perché si tratta di tecniche e di metodi, 110n si può usare una tecnica per criticarla subito dopo, senza ingenerare confusione nelle teste, che invece debbono essere « ben fatte», o senza che ql1alcuno finisca col credere al gioco, concependo il personaggio o il periodo storico in termini di immobilità. In questo, Berarài ha ceduto ad una suggestione derivante da certa storiografia europea propensa alla considerazione {più estetica che critica) delle culture o delle civiltà, concepite come entelechie. Abbiamo parlato di eterogeneità di metodi e di eclettismo di tecnicl1e: per la verità, il difetto (se pur difetto si può chiamare) del saggio del Berardi consiste forse nell'aver voluto parlare la stessa lingua a due scuole profondamente diverse (la scuola secondaria di I grado e quella di II grado), la prima profondamente rinnovellata, la seconda i11 gran parte pietrificata ad una pseudodidattica che ha fatto il suo te1npo. L'aver trascurato questo spacco, in una trattazione che, a differenza tra le due scuole, pone solo la differente età degli allievi e quindi le loro diverse esigenze psicologiche, fa sì che il discorso del Berardi appaia come uno strano centauro, per metà in anticipo sui tempi e per metà in ritardo, in una pericolosa altalena fra tradizione e rinnovamento. Passeremo ora all'esame di alcuni punti particolari per manifestare il nostro consenso o il nostro dissenso con quanto viene asserito in questa II parte del volume. Suggestiva ci pare l'indagine sul senso del tempo e sulla generazione quale « unità di n1isura del tempo storico» o quella sulla causa storica intesa come « la situazione della vigilia»; utile ci sembra peraltro la ricerca del « valore » sottinteso ad una certa periodizzazione. Belle sono · le pagine dedicate alla potenza della propaganda e al « mito» soreliano. Concordiamo pure nel riconoscere la utilità del quaderno di appunti dell'allievo (meglio: delle schede di lettura), tal da costituire una specie di archivio culturale personale, o la opportunità di un frequente uso dei questionari, della visita agli archivi (già citata), della costituzione di un « archivio didattico della scuola» e di un'aula-labo,ratorio per la storia. I pup.ti di consenso, però, si potrebbero moltiplicare infinitamente. Per questo, ci sembra più utile soffermarci sui punti di dissenso o su quelli che a nostro avviso avrebbero meritato un qualche ritocco o un approfondimento. Forse poteva risultare proficua una trattazione dei centri --di interesse, dei centri di argomento e dei centri occasionali di attenzione, di cui attualmente si fa un gran parlare, con enorme confusione di termini e di concetti. Maggiore attenzione meritava pure la distribuzione del lavoro all'interno del • 104 Bibliotecaginobianco
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