Nord e Sud - anno X - n. 46 - ottobre 1963

Nicola Tranfaglia Anche Scalfari, che pure prescinde da ogni altro aspetto della società comunista, per tentare un'analisi della lotta per il poterè, ricava dal s110viaggio nell'Urss la medesima impressione. Nel suo libro, descrive l'avvento di una nuova classe, i tecnici, alla guida dello stato sovietico e rileva come essi tengano sempre meno ai dogmi e si sforzino di adeguare le direttive del governo alle situazioni locali ed alle nuove idee che si fanno strada tra i lavoratori e nella popolazione. Ha modo di constatare che i giudizi sull'industria dei paesi capitalistici sono assai più sereni che nel passato. Eppure, malgrado ciò, q11alcosa d'instabile s'intuisce nell'azione di Kr11scev e delle forze che rapp·resenta. Scalfari spiega questa instabilità e incertezza, come è nei fini della sua inchiesta, attraverso una sintetica diagnosi dell'economia sovietica. Il capo del Cremlino, egli osserva, non ha risolto il difficile problema di contemperare le esigenze dell'industria, il cui sviluppo è essenziale per l'aumento della produzione, con quelle dell'agricoltura, che interessa ancora il 40% della popolazione. Kruscev tenta di superare l'alternativa attrezzando di strumenti moderni le aziende agricole e favorendo lo sviluppo dell'industria cl1imica e di altre industrie leggere a discapito del settore metaìlurgico, il grande privilegiato del periodo staliniano. Ma i primi risultati sono stati deludenti: l'autore documenta con estrema chiarezza le difficoltà in cui si dibattono i contadini dei Kolkos più poveri e il fallimento del piano settennale per l'industria chimica. L'analisi è preziosa per comprendere la linea di Kruscev che nella guida del paese come nei rapporti con il resto, del mondo procede attraverso esitazioni, ripensamenti, decisioni improvvise seguite da soste inspiegabili. Il prin10 ministro sovietico sa di agire in una realtà complessa, condizionata da ostacoli economici e psicologici notevoli per far prevalere la sua politica di coesistenza all'esterno, di moderata liberalizzazione all'interno, adopera una tattica abile e spregiudicata, che tanti osservatori - ignari della storia dell'Urss - stentano a capire. Nella « Russia del disgelo», Ronchey parte da questa premessa - dell'esistenza di un'insanabile contraddizione nell'Unione Sovietica tra, da un lato, il boom tecnico e scientifico degli ultimi venti anni e, dall'altro lato, il fondo arcaico e contadino, individualista, che caratterizza intere regioni del paese - per tracciare un ritratto, il più possibile completo ed obbiettivo, del inondo co,munista. La prima parte del libro è essenzialmente descrittiva. La vita quotidiana nella capitale, con il disordine nel co.mmercio, gli alti costi e gli sperperi della burocrazia, la terribile penuria degli alloggi, rivive in pagine scritte in uno stile secco e tagliente, pieno di battute e d'osservazioni penetranti. Comn1entando le statisticl1e ufficiali ed una massa di dati che è riuscito a procurarsi durante il lungo soggiorno a Mosca l'autore sottopo·ne il « byt », il modo di vivere sovietico, a confronti continui e serrati con la realtà dell'Occidente e in modo particolare degli Stati Uniti. La sua netta preferenza per i fatti da raccontare, piuttosto che per 96 Bibliotecaginobianco

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