Nord e Sud - anno X - n. 46 - ottobre 1963

Alberto Aquarone all'inizio dell'estate del '43 dal ministero degli est~ri, in prima linea Bastianini, di porre le basi per una propria soluzione diplomatica della guerra, tentativi facenti perno sulla creazione di una stretta intesa con gli alleati satelliti dell'Europa centro-meridionale, Ungheria e Romania, anch'essi este-- nuati e desiderosi di uscire al più presto dal conflito giudicato ormai perduto, allo scopo di iniziare poi di comune accordo i sondaggi per una pace negoziata con l'occidente. Anche in quest'occasione, si rivelò l'incertezza ormai cronica di Mussolini, incapace di prendere qualsiasi decisione di qualche momento e dilaniato da speranze, obiettivi, risentimenti confusi e contradditori. Sia all'interno, che in politica estera, egli si lasciava andare alla deriva, privo di una ferma volontà propria. Comunque, è abbastanza improbabile che si sia trattato allora di un'occasione perduta, ché difficiln1ente il « disegno politico » italiano avrebbe avuto possibilità concrete di successo. « Da queste discussioni, - scrive giustame11te Deakin - svoltesi fra Bastianini e i romeni durante la tarda primavera e l'estate del 1943, era scaturita un'immagine, chiara ma sbagliata, degli Alleati occidentali, delle loro relazioni con la Russia e della loro concezione strategica della guerra. Era nata una serie di presunzioni infondate che influirono fatalmente sul modo in cui gli Italiani impostarono, all'ultimo momento, i sondaggi di pace con l'Inghilterra e gli Stati Uniti. Nell'ambiente del Ministero degli Esteri italiano si era creato un miraggio: le potenze occidentali più di ogni altra cosa temevano che nel dopoguerra l'Europa cadesse sotto il dominio dell'Unione sovietica, e avevano preparato un piano per l'assalto decisivo al continente controllato dall'Asse, che· prevedeva uno sbarco nell'Europa sud-orientale al fine di contenere all'ultimo ·momento l'avanzata verso occidente degli eserciti russi. In questa operazione, l'appoggio delle forze romene e ungheresi, congiunto con le risorse italiane, avrebbe avuto un valore decisivo. Se l'Italia, come membro principale di tale alleanza avesse potuto intavolare trattative con gli Alleati, anche a nome di Bucarest e di Budapest, offrendo di appoggiarli militarmente in quella eventualità ed eludendo le conseguenze degli impegni dell'Asse, vi sarebbe stata ancora la possibilità di salvarsi. Nonostante la formula di Casablanca, si pensava, gli Inglesi avrebbero trattato con un'Italia fascista, ma mai con la Germania nazista». Vi era, in questo abbo.zzo di sganciamento collettivo dalla Germania, un fondamento di razionalità e non tutto in esso era un tessuto di illusioni; è certo, tuttavia, cl1e sia i diplomatici italiani, che i governanti ungheresi e romeni, sottovalutarono la serietà dell'impegno con cui non solo gli Americani, ma anche gli Inglesi erano decisi ad accomunare alla vittoria militare la definitiva eliminazione del fascismo. Quanto a Mussolini, egli continuava ad appuntare le sue speranze, co1ne aveva incominciato a fare dall'autunno del '42 in poi, piuttosto su una pace separata di Hitler con i Russi, in modo che fosse consentito all'Asse di concentrare tutto il suo sforzo bellico contro gli An._glo-americani. Ma era questo uno dei tanti argomenti da lui suggeriti, sui quali il dittatore tedesco si guardava bene dal prestargli il benché minimo ascolto. 92 Bibliotecaginobianco

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