... Sopraluogo nella Sicilia della mafia Il segretario della Federazione Comunista di Palermo, Colajanni, ha potuto parlarne ampiamente e fondatamente nella sua conferenzastampa del 19 luglio scorso. Qui mi basta rinviare al resoconto apparso sull' « Unità » il giorno s11ccessivo o all'altro che ne dett_e « L'Espresso » . il 28 luglio. In Sicilia tutti i partiti, indistintamente, sono afflitti dalla piaga mafiosa e l'unica differenza - peraltro notevole - è costituita dal gradino più o meno alto cl1e i mafiosi sono riusciti a conquistare nella gerarchia delle singole organizzazioni. La Democrazia Cristiana ha avuto anch'e·ssa molte vittime della mafia, tra cui parecchi malfamati uccisi da altri 1nalfamati, ma anche n1olti i11nocenti, che volevano lottare contro la mafia: basta qui ricordare Vincenzo Campo, segretario provinciale di Agrigento; Nicasio Triolo, vicesegretario di Trapani; Eraclide Giglio, _capomafia e dirigente de1nocristiano di Alessandria della Rocca; Vito Montaperto, mafioso e figlio di un capomafia, anch'esso segretario provinciale di Agrigento; Vince11zo Lo Guzzo, vicesindaco di Licata e Pasquale Almerico, l'indimenticabile sindaco di Monteleone, vigliaccamente ammazzato il 25 marzo 1957 con 114 pallottole di mitra. Ma la Democrazia Cristiana resta certa1nente il partìto prescelto dalla mafia per il fatto stesso che, essendo al potere, apre le vie a maggiori vantaggi. All'ultimo posto nella scala delle ingerenze m~fiose, viene il Partito Comunista che, senza. esser11e immune (basta leggere in proposito la polemica tra «L'Unità» e l'« Avanti! » com.1nentata da Marco Cesarini sul «Mondo» del 9 aprile 1963), ha tuttavia le n1ani più pulite degli altri: anzi tutto· perché, essendo all'opposizione ed offrendo perciò scarse prospettive di condizionamento diretto dei pubblici poteri a fini di lucro, attira poco i 1nafiosi, che 110n brigano per accaparrarsene i posti di co1nando; e poi anche perché le preferenze ai suoi candidati sono strettamente regolate dal centro e mal si prestano ad eventuali eterocontrolli. Da un organismo politico tarato nelle basi, non può derivare che un'attività amministrativa aggrovigliata e lenta che obbedisce più alle pressioni che vengono dal suo torbido sottofo·ndo che alle reali esigenze çiell'isola. Intanto l'attività legislativa è distorta e spesso boicottata, mentre l'amministrazione insabbia col suo torpore l'esecuzione concreta dei provvedimenti. In Sicilia, insomma, così come in India, per ottenere l'inizio dei lavori della· diga sullo Jato, Danilo Dolci ha do·vuto digiunare per nove giorni: uno_ stato cl1e si _riduce ad aver bisogno di questi stimoli è nient'altro ·che un'istituzione fantasma. Fortunatamente, però, tutti questi aspetti tradizionalmente negativi della realtà siciliana sono stati in parte neutralizzati, come dicevo, 33 Bibliotecaginobianco
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