Sopraluogo nella Sicilia della mafia nonché l'ostruzionismo di molti difensori. Basta un esempio: il 1? settembre 1944, durante un comizio dell'on. Li Causi a Villalba, gli uomini di Don Calogero iniziarono una sparatoria durante la quale rimasero ferite 18 persone. Il processo che ne scaturì, nonostante l'interesse co11 cui fu seguito dall'opinione pubblica, si trascinò per quattordici anni fino al gennaio del 1958, allorché la condanna degli imputati, tra amnistie e condoni, si rid·usse a pochi mesi di carcere, interrotti, per di più, dalla grazia del Presidente della Repubblica. Mentre in tutt'Italia si lamenta la lentezza della giustizia e si va alla ricerca di un sistema per snellir11e le funzioni, gli avvocati siciliani hanno chiesto di ridurre il numero delle udienze e di mettere meno cause a ruolo nonosta11te il fatto che negli archivi dell'isola giaccio110 5.000 processi da portare a termine: ciò perché gli affari in campo legale sono strettamente co11nessi a questioni di mafia e quindi monopolizzati da un numero ristretto di professionisti. Nella sua relazione del 9 gennaio il Procuratore Generale di Caltanissetta, parlando dell'amministrazione della giustizia, ha detto: « L'ostacolo maggiore è determinato dal concentramento della difesa in pochissimi avvocati, impossibilitati a prestare la loro opera contemporaneamente dinanzi alle varie magistrature ». In risposta gli avvocati hanno chiesto il trasferimento del magistrato. Comunque il fenomeno·, che resta grave e reale, ci spiega come mai, nell'ultimo elenco dei contribuenti palermitani, ai primi posti figurino notai ed avvocati: anzi, cinque notai e cinque avvocati percepiscono da soli un guadagno pari a quello di tutti gli industriali della città messi assieme. b) Per quanto riguarda il comportamento di al~uni membri della forza pubblica, due passi della sentenza di Viterbo per i fatti di Portella delle Ginestre sono ancora illuminanti al riguardo e vale la pena rileggerli. In uno si parla dell'Ispettore Generale di Pubblica Sicurezza: « L'ispettore Verdiani iniziò e mantenne rapporti con il capo [Giuliano] e con il luogotenente [Pisciotta] della banda, trascurando di porre in esecuzione uno dei tanti mandati di cattura di cui egli non poteva non essere a conoscenza dato l'incarico che aveva: presiedere all'Ispettorato di Pubblica Sicurezza, creato proprio per operare contro la banda Giuliano. E non manca fra le lettere esibite dalla difesa dell'altro bandito, Gaspare Pisciotta, qualcheduna in cui il Verdiani, rivolgendosi a · Giuliano, scrive: ' Caro Salvatore ' ». Il secondo passo, ancora più significativo, dice: « Al fuorilegge Gaspare Pisciotta fu possibile avere abboccamenti col col. Luca, iniziare e svolgere trattative con costui, ottenere anche egli non uno, ma due tesserini che gli consentirono di attraversare liberamente il territorio dell'Isola, portare anche armi 29 Bibliotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==