Nord e Sud - anno X - n. 46 - ottobre 1963

Recensioni fruttifera non è quella sul personale quanto quella sui partiti e le istituzioni costituzionali ». È dunque un discorso di tal genere che Marco Cesarini apre con questa ampia ed esauriente introduzione e che probabilmente nessuno come lui saprebbe condurre a termine restando fedele al suo scrupoloso metodo di indagine e allo schietto convincimento democratico da cui è stato iri ogni fase dell'inchiesta, il punto di partenza della quale è rappresentato, giustamente, dalla impopolarità ( « antica, radicata, storica ») dell'uomo politico in Italia. L'idea di Marco Cesarini è cl1e la frattura si sia prodotta inizialmente nel secondo decennio dell'Unità o, per essere più esatti, « con la fine della Destra storica e l'avvento al potere della Sinistra». La liquidazione della generazione risorgimentale modificò sostanzialmente il clima politico del paese. Mentre il Risorgimento aveva significato per il ceto di avanguardia sacrifici di sangue e di denaro, insomma una costante ed eroica professione di patriottismo, il consolidamento della monarchia parlamentare esigeva una politica grigia, una pratica minuta, in poche parole un regime di ordinaria amministrazione. Prima del '60, tutti gli uomini politici volevano la stessa cosa, unità e indipendenza della patria; dopo il '70, tutti presero a volere « cose differenti», cioè a proporre soluzioni diverse ai problemi di una vita quotidiana ormai spoglia di elementi romantici. La reazione dell'opinione pubblica, ancorché ingiusta, può essere compresa: essa alimentò allora, per la prima volta, un pregiudizio indiscriminato contro dirigenti di partito, parlamentari ed uomini di governo, volti in apparenza ad appagare soltanto interessi particolari, passioni faziose o addirittura corrotte. Proprio dal gern1inale pregiudizio di allora venne poi proliferando lentamente, lungo il corso della nostra storia, quel cancro della società nazionale che è il qualunquis1no, cioè il disprezzo per le idee ed ìnsieme il rifiuto all'analisi concreta, in nome di astratti principi morali o tecnici. Purtroppo, il comportan1ento della classe politica fu tale da fomentare, via via, lo stolto preconcetto: il trasformismo e poi il giolittismo intorno al Novecento, quindi le lacerazioni all'interno del movimento socialista, finalmente l'abdicazione liberale dinanzi al fascismo e l'avvento della trionfante bestia gerarchica, bastano largamente a spiegare come si sia venuta tragicamente allargando, anzicl1é attenuarsi, la diffidenza del paese verso il personale politico che pure ne rappresenta e ne riflette la realtà. Il merito fondamentale del saggio di Marco Cesarini sta ap•punto nel ripudio del qualunquismo non solo come punto di vista storico (che è quasi ovvio), ma anche e soprattutto come sistema di lavoro. L'autore, che è giornalista di tipo nuovo, rifiuta ogni apriorismo per attenersi esclusivamente ad una documentazione raccolta di prima mano, con vigile ~pirito critico ed il tempera1nento di un bonario umorismo. Al limite, si potrebbe dire che il solo difetto del libro stia nell'eccesso di empirismo, nella rinuncia ad una prospettiva più ampia, più dottrinaria. Ma è chiaro che questo è anche un pregio, nella misura almeno in cui alla 1nodestia delle ambizioni di partenza si accompagnano la serietà e la serena autonomia di giudizio: 99 Bibliotecaginobianco

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