Giorn_alea più voci ghero, La Maddalena, Capo Figari, l'isola San Pietro, Tavolara, l'isola dei Monaci, Capo Carbonara); ma or111ai da tempo tornano con un carico magro che non ricopre le spese della spedizione. Gli armatori torresi non intei1dono finanziare altri viaggi, il cui « passivo » è largamente scontato. Le pesche, d'altra parte, sono mal remunerate e rischiose: la « cat tura» del corallo si pratica con le reti, che sono o la piccola « salab re » catalana o il mastodontico «ingegno» che sui pescherecci meno attrezzati si salpa a forza di muscoli tesi all'argano, mentre in quelli di pi ù recente costruzione si aziona meccanicamente. La « trave», calata faticosamente i11 mare, scandaglia gli scogli alla ricerca del prezioso prodotto. A profondità abissali si spingono i « sommozzatori», per scalpellare le rocce corallifere. Il lavoro si svolge tra grandi difficoltà e con terribile sforzo fisico dei pescatori che ad esso non resisterebbero se no11 fossero abituati alla vita dura dell'ambiente portuale a cui appartengono: una specie di « fronte del porto» che agli speculatori co11sente, anche nel piccolo scalo to rrese, un ampio margine di prevaricazione e di « agibilità». Per sei mesi i pescatori sono esposti alla violenza delle ten1peste, delle acque e dei padroni. I « capitani del mare» (i capib~rca) li arruolano a condizioni u1nilianti, in dispregio dei contratti « collettivi » di lavoro. Basti pensare che a un giov ane di 18 anni, che si imbarca sulle « coralline», è corrisposta una « paga» di appena sei mila lire mensili. Al momento stesso dello sbarco del carico, iniziano nel porto le contrattazioni tra i capibarca-armatori ed i commercianti, ai quali i blocchi di corallo vengono venduti. Il prezioso materiale, ricevuto allo sta to grezzo ed informe, è. condotto nei laboratori, dove, attraverso un singolarissimo trattamento, viene levigato e tagliato in piccoli pezzi, prima di ricevere una determinata sagoma. I centri di lavorazione sono dotati di appo siti strumenti. Alcune fasi si eseguono all'esterno: come, ad esempio, quelle che richiedono l'intervento delle « bucatrici », operaie che lavorano n elle loro stesse abitazioni e provvedo110 alla perforazione del corallo. Ora tutta la struttura artigianale è in crisi. La soluzione più rapida potrebbe aversi con un accordo fra Italia, Francia e Giappone per c onsentire ai « corallari » di agire intorno alle coste della Corsica e dei mari del l'Est. Benché i litorali della Corsica siano ricchi di banchi di banchi d i corallo, che i Francesi non utilizzano, preferendo acquistare il prodotto già lavorato, i torresi preferirebbero pescare nelle acque giapponesi dove un ramo di corallo pesa fino a 15 chilogrammi, mentre in Sardegna o in Corsica i rametti arrivano a 250 grammi nei casi eccezionali. Normalmente, infatti, 11:onsuperano i 50 grammi. Ma il peso, ha solo un'importanza quantitativa. , Il ~orallo del Tirreno e del Mediterraneo, infatti, è più ricercato per la sua qualità: esso rapp·resenta la specie più pura e più bella delle « coralline ». Nella biologia odierna esso, porta il nome di « corallium rubrum », impostogli dal Lamark; altri naturalisti l'hanno denominato « corallium nobile», espressione che meglio si attaglia all'alto livello della sua fun zionalità estetica, alla sua consistenza organica, che offre una molteplicità di colori, 57 Bibliotecaginobianco
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