Un congresso e un partito per contrapporsi al sottogoverno democristiano senza incorrere nel pericolo di stimolare eccessivamente l'opportunismo attraverso regimi « a mezzadria»; il che naturalmente non dovrebbe significare che non si richiede una giusta ed equa ripartizione delle responsabilità politiche e di governo alla D.C.: maggioranza sì, ma non più qualificata come nel passato da un compito di guida esclusiva. Detto questo, e accettato profondamente questo, e persuasici di quelli che sono i compiti più urgenti nei confronti della società italiana (i quali hanno la precedenza sulla sensibilità a certi motivi di ciascun membro del partito 1 o di ciascun deputato del P.S.I.) bisogna trovare il modo di fare entrare le esigenze finalistiche nel programma di welfare state e non di struttura cui abbiamo accennato. In altre parole, anche quando la .priorità vada a riforme popolari, bisogna pure che gli strumenti di esecuzione siano moderni. L'esigenza della programmazione rimane, anche se no,n in quel modo tra mitico e vago in cui la presenta la collaborazione di economisti teorici e urbanisti. .Si può anche pianificare un certo grado ancora di emigrazione, e certo bisogna guardarsi dal « frenare » fenomeni di espansione economica, quando l'importante è di dirottarli e di fare sì che non si producano esclusivamente in certe zone. Ma non si può lasciare che, per mancanza di adeguata capacità a predisporre incentivi e interventi, espansione e migrazione abbiano carattere socialmente alluvionale (oltre quel che è necessario per il passaggio della riserva sottoccupata dall'industria all'agricoltura). L'importante - e qui forse si potrebbe trovare l'unità non programmatica, bensì psicologica, e perciò ideale - è che le singole decisioni "'non si risolvano in « leggi speciali » ma come elementi di un piano generale, e che gli elementi riformatori (programmazione, legge urbanistica, eccetera) appaiano strettamente connessi ai risultati di welfare da ottenere. Co·ntro le apparenze, maggio1re dovrebbe essere la possibilità di ottenere questa fusione di elementi finalistici e riformistici nel programma di politica estera. Sotto questo aspetto il partito socialista viene da tanto lontano che la situazione attuale gli permette larghissima libertà, se non si farà incantare dal richiamo a un passato sempre meno significante. In politica estera il P.S.I. può partire, anziché dalla sua antica posizio,ne di neutralità, che non trova sviluppo nella cornice attuale della riforma ìtaliana, dal]a situazione quale oggi è: .una situazione nella quale anche i fellow travelers, i supersinistri che, ·fino a poco tempo fa, reclamavano con violenza contro gli USA, si rivolgono con garbo a Kennedy, invitandolo a trovare un 1nodus vivendi tra Stati Uniti e Unione Sovietica senza tanti riguardi per l'Europa. Ora, dovrebbe 15 Bibl··otecaginobianco •
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