Nord e Sud - anno X - n. 45 - settembre 1963

Girolamo Cotroneo intuitivo-mistici che avevano caratterizzato la filosofia pre-idealistica di Hamman, Herder ed Jacobi. È ·a questa corrente di° opposizione all'hegelism.o che può ricondursi la filosofia .di Kierkegaard, la quale, nella sua prima formulazione, si presenta con1e · « estetica », cioè come momento dell'immediatezza, di fronte alla totalità del sistema hegeliano. Alla ricerca del significato che la categoria dell'estetico assume nella filosofia di K., è volto un volume giovanile di Theodor \iViesegrund-Ador.no, apparso in Germania nel lontano 1933 (nello stesso giorno in cui si instaurava la dittatura nazista), e soltanto di recente pubblicato in Italia nella traduzione di Alba Burger · Cori, dal titolo Kierkegaard. Costruzione dell'estetico, (Longanesi, Milano, 1962). Prima cura dell'Adorno è quella di chiarire che in K. l'« estetica» non si identifica con la « poesia », non vuole cioè essere una teoria dell'arte, ma « una posizione di pensiero nei riguardi dell'obiettività» (p. 12); a K., sostiene l'Adorno, è toccata la sorte di essere definito « poeta» in seguito alla elevazione della filosofia a scienza, iniziatasi con Kant e compiuta da Hegel, per cui tutti i pensatori « soggettivi» finirono co11 l'essere collocati fra le file dei poeti; ma in K. l'origine della parola poesia, « è sempre trasparente quale origine filosofica» (p. 17), per cui il fatto che nei suoi confronti abbia potuto affermarsi « la denominazione di esteta o di poeta diviene comprensibile solo se si pensa al fascino che egli esercita con una ostinata litania di formule estetiche fisse, alle quali però non· corrisponde né nel bene né nel male. Il fascino è la potenza più pericolosa della sua opera » (p. 39). Le cosiddette categorie estetiche finiscono quindi per essere soltanto delle esemplificazioni tipologiche,· paradigmatiche, testimoni di un'idea che non si è ancora articolata come concetto: e non si tratta di un'idea estetica, ma di una posizione di pensiero nei riguardi della realtà, che finisce col rivelarsi come « una categoria della conoscenza » (p. 46). L'Adorno vuole quindi eliminare qualsiasi illegittima identificazione del1' « estetica » con la « poesia » per cui tale differenziazione porterebbe al risultato di una fondazione teoretica della categoria dell'« estetico», intesa come strumento di conoscenza. Tutto ciò lascia però aperto un problema: - pur non essendo, e !'·Adorno lo dimostra ampiamente, una teoria dell'arte, perché l'opera kierkegaardiana non può essere assunta come opera di poesia? Quello che l'Adorno chiama il « prorompere incontrastato dell'intenzione filosofica» (p. 31) che vizierebbe la poeticità dell'opera di K., non porta tuttavia lo stesso K. alle vette della speculazione logica: la sua, più che una storia di « impotenza artistica» come la chiama l'Adorno, è una storia di « impotenza speculativa». È difficile togliere al K. il carattere poetico (con tutte le riserve che su tale carattere possono comunque farsi) della sua opera, per razionalizzarla e sistemarla come opera filosofica nella più stretta accezione del termine. La formulazione kierkegaardiana 1nal si presta a questa riduzione proprio per il suo scarso vigore speculativo: se l'« estetica» si presenta con1e una « concezione del mondo» vo1 lta a rompere il sistema hegeliano dell'identità, non di1nostra affatto, come si 106 B"bliotecaginobianco _ }

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