Nord e Sud - anno X - n. 45 - settembre 1963

.4ldo Carionici Ma l'esperimento di Hawthorne a:veva ormai portato tu_tta l' industria americana a guardare con favore degli studiosi sociali e la seconda guerra monmiale non fece altro che dare una ulteriore· spinta a questa tendenza, tanto che nel 1945 gli psicologi impiegati in America erano oltre 5.000. Aumentava anche in jnaniera sproporzionata la popolarità dei tests e. il Baritz cita il caso oltre il limite del ridicolo di una società che giunse a sottoporre i propri candidati a tests di perso,nalità, per accertare se la moglie dell'aspirante all'impiego don1i11asse o meno nelle decisioni familiari. Ciò perché si pensava che un uon10 succube alla moglie sarebbe stato più pronto all'obbedienza e quindi più vicino all'ideale di persona che l'azienda . ricercava. A questo punto il quadro storico tracciato dall'autore è completo: siamo negli anni attuali, lo psicologo, il sociologo, l'esperto di relazioni umane ha una utilità co11validata nel mondo dell'industria. Una utilità che però contrasta, secondo il Baritz, con quello che dovrebbe essere il compito dell'intellettuale: vale a dire di resistere, di opporsi alla società nella quale lavora. Nel momento in cui egli approva, passa dall'altra parte e diventa un « servo del potere». La tesi è polemica e nello stesso· tempo stimolante. Ma è qui stesso che ci pare il libro del Baritz non fornisca alcun aiuto: . . posto che compito dell'intellettuale è quello di resistere alla società e di non porre le sue. conoscenze al servizio di essa, cos'altro dov·rà fare? Può l'intellettuale e i11 particolar modo lo studioso di scienze sociali soltanto opporsi? In una società come la nostra, essere fuori dell'industria può significare (e significherà ciò anche di più in futuro), essere fuori da un certo tipo di realtà. Già in America le università sono largamente finanziate dalla industria; le riviste, i giornali, le case editrici sono anche - e spesso ce ne dimentichiamo - né più né meno che attività industriali, le quali dovranno fornire un profitto sulla base degli investimenti. Opporsi, per principio, significherà non lavorare nell'industria, ma anche non insegnare, non scrivere. Semplicemente restare alla finestra, in disparte. Dalle righe del libro sembrerebbe favorirsi la tesi che occorra mantenersi al di fuori della mischia, attendendo che venga una rivoluzione a spazzar via il potere attuale con l'illusoria speranza di una successiva catarsi e di un conseguente armonioso accordo tra lavoro e capitale. Ma dopo? È difficile ipotizzare che qualsiasi nuova società del futuro la quale nasca sulle ceneri della prima ·possa essere tale da non presentare alcun ·contrasto di classe, da non offrire alcun adescamento alle nuove élite per tentare di abbassare i costi attraverso la soluzione dei problemi di relazioni umane. E il pro·blema tornerà a riproporsi esattamente come prima, come del resto si pone nei paesi a democrazia popolare, ove al potere tradizionale si è sostituito quello tecnocratico dello Stato, non per questo immune dalla necessità di rispettare i traguardi imposti dai piani quadriennali. Naturalmente il pericolo cui allude il Baritz è ben presente. Dice l'autore: « Nel' corso di lunghi anni, attraverso centinaia e centinaia di espe104 Bi liotecaginobianco \ \ I

RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==