Nord e Sud - anno X - n. 44 - agosto 1963

Enzo Colino prio per ragioni di calcolo - nonostante la scarsa p.reparazione tecnica necessaria al tipo di manager politico che comincia a configurarsi, pure in Italia, nelle classi più giovani. L'atteggiamento psicologico che presiede a questo tipo di manovre offre motivi di riflessione se si trasferiscono ai giovani politici, per analogie probabilissime, alcuni sospetti avanzati dal prof. Giovanni Sartori sulla classe politica italiana (Il Parlamento Italiano, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli 1963: « Con questo non intendo dire che le accuse che vengono così spesso rivolte ai nostri uomini politici di essere persone senza principi, succubi alla volontà del partito, e caratterizzati dal carrierismo, dall'opportunismo, e si1nili, siano sempre fondate. L'opportunismo non è una novità introdotta dalla politica come professione. Anche il politico gentiluogo di altri tempi, e comunque anche chi non ha bisogno di ricavare il proprio sostentamento dalla politica, si può rivelare - per ragioni di ambizione e di prestigio - un versipelle disposto a tutto pur di salvare il posto e di fare carriera. È però fondato il sospetto che la politica come sistemazione senza alternativa, senza possibilità di ritorno a una professione civile, sia destinata a rendere più frequente il tipo opportunista, la persona ossessionata dall'idea di dover restare a galla ad ogni costo. Ma, come dicevo, si tratta di sospetti. In sede caratteriologica si procede per impressioni, non su dati di fatto. Proprio per questo conviene rivo1 lgere l'attenzione all'altro aspetto del problema, quello della dipendenza-indipendenza. Perché la situazione di chi ha bisogno della politica per vivere crea una condizione oggettiva di subordinazione del parlamentare nei confronti del partito dal quale dipende la sua rielezione o, altrimenti, la sua siste- . maz1one ». Ma se è vero che si riscontra una certa tendenza al ringiovanimento della classe dirigente politica, c'è anche c11i sostiene che questa tendenza è ancora troppo debole, visto che il salto fra le generazioni è diventato enorme man mano che la società si trasforma con moto irresistibile. Qui il sospetto di opportunismo si complica di sincere verità ed è molto difficile misurare quanta parte dell'uno o dell'altra sia prevalente. Le accuse, infatti, vengono proprio da quel gruppo di dirigenti giovanili - ex o in carica - sulla soglia dei trenta anni, i quali troppo spesso si con~rontano con i coetanei o con i colleghi di partito pii1 anziani che hanno già ottenuto sistemazioni parlamentari o burocratiche ... Il criterio di generazione non è indicativo per discriminare usi e costumi degli appartenenti, però qualche volta, con le inevitabili generalizzazioni, coglie nel segno almeno in sede psicologica. È quanto ha fatto Marco Cesarini («·Critica d'oggi », numero 14-15) distinguendo gli opportunisti 86 Bibliotecaginobianco

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