Nord e Sud - anno X - n. 44 - agosto 1963

Antonio Vitiello Neo-dadaismo e critica del consumo Gli assemblages, cioè quei curiosi conglomerati di etichette e barattoli, involucri e ritagli, rifiuti di nessun valore ed oggetti scartati che i neodadaisti americani (Cy Twombly, Jasper Johns, Rauschenberg) sistemano ih ordine e presentano all'osservatore come una nuova forma d'arte possono colpire per la loro eccentricità figurativa, ma anche per il loro potenziale ideologico fondamentalmente ambiguo. Raccogliere e tesaurizzare i rifiuti è certamente un silenzioso gesto di accusa alla società opulenta, l'implicito « ma come ... lo butti?» inibisce la propensione al consumo, ed elogiando l'epoca révolue dell'accumulazione rimprovera Keynes e l'econon1ia creditizia; pur tuttavia dalle bottigliette di Coca-Cola, dagli involucri vuoti delle tagliatelle all'uovo, dalla candela d'accensione dell'auto, dal cappuccio della penna a sfera discende un messaggio: « entrerai in rapporto funzionale col prodotto, lo userai e nel tempo libero ne contemplerai le scorie ». La critica al consumo si capovolge nel suo contrario, in apologia e santificazione del consumo stesso, il neo-dadaismo appare allora come catalizzatore del processo che vuole l'uomo appendice della produzione. Caduti i legami con i poteri ierocratico e politico, l'arte propone i marchi di fabbrica come aggiornamento neocapitalistico dei volti santi medievali, le girls sorridenti del dentifricio quale sostituto dei sanguigni condottieri rinascimentali, l'espansione dei propri consumi come surrogato della salvazione dell'anima. Nell'oscillare, quindi, tra la critica e l'apologia dell'oggetto criticato sta l'ambiguità ideologica del neo-dadaismo. Come negare, però, che il rottame, il rifiuto, l'oggetto 11suale assunto in funzione simbolica - cioè usato male, in maniera irrazionale rispetto alla sua funzione specifica - fissati insieme con ordine e proposti alla contemplazione disinteressata, assumono il fascino dimesso delle cose private del loro significato oggettivo, delle cose fraintese e per ciò stesso suscitatrici di una epidermica emozione? Ot1esto realizza il neo-dadaismo raccogliendo gli oggetti usati senza amore, negletti, superati ed inefficienti, nei ripostigli o nella spazzatura, ed in questo esso sembra più una critica all'ordine utilitario che la sua apologia. L'irrazionale idolatria della scoria è una critica conservatrice alla civiltà dei consumi, qui si risolve la prima apparente ambiguità, ed è un punto che va meglio illuminato. Il comportamento dei neo-dadaisti non si comprende che in un contesto sociologico preciso, sfugge, nel suo senso più proprio se non lo si osserva sullo sfondo della società opulenta, della evoluzione accelerata dei modelli di consumo, laddove gli oggetti che circondano l'uomo ed il suo atteggiamento verso di essi sono sottoposti ad un intenso ritmo di ricambio. Sullo sfondo di una economia di penuria, di una società stazionaria, ad una mente portatrice di una « cultura» rurale, sfuggirà il senso di quelle « tele», esse ap·pariranno· come pure aberrazioni, prodotto di mode extravaganti degne di 56 Bibliotecaginobianco

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