Marcello Fabbri Fino ad oggi il Comitato dei l\1inistri per il Mezzogi~rno ha approvato 12 proposte di aree e 25 proposte di nuclei. Altre proposte sono all'esame, mentre si ha notizia di altre iniziative locali tendenti alla formazione di Consorzi per la istituzione di aree e di nuclei. Ma quali sono i criteri in base ai quali vengono esaminate ed approvate le proposte? Come è noto, l'iniziativa, almeno, formalmente, è locale; e non saremo certamente noi a dolercene. I comuni, le provincie, le camere di commercio e gli enti, anche privati, riuniti in consorzio, presentano il progetto e il Comitato dei Ministri ne esamina la rispondenza ai requiti fissati. Se si traduce l'elenco delle aree e dei nuclei approvati in una carta geografica, si vedrà che buona parte del territorio meridionale suscettibile di maggiori iniziative di sviluppo (la « polpa » del Mezzogiorno) risulta già coperta da nuclei o da aree, con la corona dei territori comunali consorziati. Ciò farebbe supporre, quindi, che, nell'esa1ne dei requisiti richiesti per l'approvazione dei progetti, debba avere un notevole peso anche una ipotesi di ordine generale sulla localizzazione dello sviluppo nel Mezzogiorno. Ma, in realtà, tale ipotesi manca, almeno in una sua formulazione concreta e rigorosa, dal momento che soltanto un piano a scala almeno regionale potrebbe effettivamente darla. E piani simili non esistono. La mancanza di un piano a livello regionale si traduce, immediatamente, in una mancanza di organizzazione degli effetti indotti dello sviluppo su tutto il territorio. Se prendiamo ad esempio in esame la parte meridionale della Puglia, troviamo, oltre alle maggiori aree già approvate, di Bari, Brindisi e Taranto, una serie di iniziative minori, che si sforzano di coordinare e di esaltare, nei territori vicini alle aree stesse, quei fattori positivi che presentano maggiori possibilità di sfruttamento delle esistenti e non trascurabili risorse locali per effetto della presenza, a breve distanza, di nuovi grossi insediamenti industriali: sono così in formazione il Consorzio per il nucleo di Lecce, per il porto di Gallipoli, per il porto di Otranto. Tutto il territorio è quindi coperto da iniziative che dovranno esprimersi in piani territoriali. Combaciando fra loro, tali piani formeranno praticamente un piano regionale. Ma ciò che manca è il coordinamento, il collegamento delle iniziative locali e dell'azione dei vari consorzi e dei vari piani fra loro: e se tale collegamento avviene è in forma non istituzionalizzata, perché soltar1to un piano regionale potrebbe esserne lo strumento. Ancora una volta, per evitare equivoci, ripetiamo che non vogliamo affatto dare validità alla gara campanilistica che sembra essersi impegnata, per la quale ogni comune di una certa importanza desidera avere il suo nucleo. Ma i dubbi sono generati dalla 1nancanza di una organizzazione sul territorio, al di fuori del ristretto ambito dei comuni consorziati intorno ad un'area o ad un nucleo, degli effetti indotti dallo sviluppo polarjzzato. Si tratta, cioè, della necessità di coordinare tali effetti in modo tale che ogni parte del territorio abbia, direttamente o indirettamente, a beneficiarne. Si potrà obbiettare, ad esempio, che vi sono alcune zone marginali - e non ne mancano in Calabria o in Basilicata - nelle quali il solo effetto 52 Bibliotecaginobianco
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