Nord e Sud - anno X - n. 44 - agosto 1963

Note della Redazione '30, il quale esercitava la dittatura per conto del partito, con in meno ovviamente l'attitudine staliniana a liquidare fisicamente i proprii avversari. E qui si pongono due problemi entrambi di primaria importanza: che cosa garantisce, oggi, che dal 1963 in avanti la situazione del potere in Russia non evolva come poté evolvere dal '25-'30 al 1953? Evidentemente nulla: o per meglio dire due considerazioni che non sono molto rassicuranti: la età già inoltrata di Krusciov (ma chi garantisce che a lui non succederà un leader giovane?) e la considerazione famosa di Marx che quando la storia si ripete la tragedia si muta in farsa (e qualora si voglia ricordare che quando Marx enunciò questo principio la «farsa», ossia il regime del secondo Napoleone, doveva durare quasi altri vent'anni, si cornprende come poco vi sia da stare allegri innanzi ad una simile prospettiva). La verità è che i partiti sono impediti di diventare degli apparati di mera forza che pongono capo al dominio incontrastato di un uo,no, solo quando vi siano altri partiti che contestano loro il potere: e dunque fino a quando non vi sarà qualcosa del genere nell'Unione Sovietica, non vi sananno incrinature serie nella compattezza del sistema dittatoriale. L'altro problema è quello implicito in ciò che abbiamo appen,a detto: che, cioè, la dittatura del partito resta una dittatura esercitata su un'intera società, con tutto ciò che una dittatura (e, conviene aggiungere, una dittatura del secolo ventesimo) porta con sé di illibertà e di distruzione di energie morali. Ora, se è vero, come è vero, che questa e non altra è stata la co11cezione destalinizzatrice di Krusciov e dei suoi colleghi, appare chiarissimo che i fa1nosi limiti alla destalinizzazione, di cui tanto si parla, non provengono già dall'instabile equilibrio di potere in Russia o dalle concessioni che i destalinizzatori sono costretti a fare ai «duri», ma sono limiti imposti dalla concezione stessa che i destalinizzatori medesimi (almeno quelli che sono stati al potere finora) hanno dell'esercizio del governo e dei rapporti tra partito comunista e stato sovietico e tra partito e società nella Russia contemporanea. E dunque anche per quest'altra strada si giunge alla medesima conclusione: l'attuale ceto dirigente sovietico ha dato tutto quello che poteva dare; ed esso rappresenta Of!J!,isoltanto una remora ad un ulteriore sviluppo in senso liberale della situazione. Un'ultima considerazione ci sembra necessaria: i sovietici ed i loro corrispondenti italiani paiono menare grande vanto della cosiddetta legalità socialista, ossia, per uscire fuori di metafora ancora una volta, della riscoperta della validità di certi concetti generalissimi dello stato di diritto. Questo è certamente un fatto positivo: ma franchezza esige che si chiamino le cose col loro nome. Cos'è questo famoso stato di diritto che si starebbe creando in Russia? Posto che si stia veramente creando (e molti avvenimenti dimostrano il contrario), tale stato non sarebbe altro che un Reich bismarckiano ma senza le tradizioni di questo e soprattutto senza il gioco dei partiti; sarebbe una sorta di Prussia dei tempi di Federico il Grande. Può anche darsi che per quei russi che hanno vissuto il terrore staliniano qui vi sia un grande progresso; ma è bene ricordare fratican1ente che senza la libertà politica lo stato di diritto non si regge; o, per dir meglio, sta in piedi nei manuali dei 47 Bibliotecaginobianco

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