Note della Redazione nare quell'abnorme e tragica degenerazione tirannica: perfino Togliatti in un momento di lucidità (o di debolezza) giunse a dire che la spiegazione kruscioviana era troppo se-,,nplicistica. Eppure, ancora una volta la genesi di quell'aberrante ragionamento appare più semplice da spiegare quando si tenga in mente che con esso non si difendeva già Stalin ma Krusciov stesso, che in esso si esprimevano i più segreti pensieri e l'opportunismo ideologico non di Stalin soltanto ma della maggior parte degli attuali massimi dirigenti dell'Unione Sovietica. E chi pensasse che queste considerazioni sono prive di ogni significato politico per l'immediato o per l'avvenire non avrebbe che da rifl,ettere che esse, in realtà, sottintendono un giudizio che abbiamo già avuto fin troppe occasioni di provare nei fatti degli ultimi tre o quattro anni: che, cioè, gli attuali massimi dirigenti sovietici hanno già fatto tutta la destalinizzazione che potevano o volevano fare, e che non vanno oltre i limiti raggiunti _perché non vogliono andare oltre. Nel marzo scorso i giornali occidentali sono stati pieni di avventurose interpretazioni: il congelamento del disgelo letterario e culturale, si è detto, è stato provocato dalla lotta di potere in Russia e dalle concessioni che Krusciov ha dovuto fare ai « duri», ai cinesi di Pechino e di Mosca. Queste sono tutte illazioni audaci, che nessun fatto può verificare: per forte che sia la lotta per il potere in un regime sostun.zialn1.ente totalitario come quello sovietico, il potere di un dirigente supremo non è mai così labile che egli possa essere costretto a dare bruschi colpi di barra ....c;;equesto dirigente fosse così debole che lo si potesse costringere a simili virate, potrebbe anche essere messo del tutto da parte: il caso di Malenkov dovrebbe ben aver insegnato qualcosa. Ma se non è tanto debole, allora bisogna convenire che il colpo di barra si ha anche per sua volontà. Ciò che Krusciov ha detto in marzo ai letterati ed artisti sovietici era non già l'opinione dei « ~duri », ma la sua opinione; i limiti, lin1iti enormi, eh' egli ha sempre posto alla destalinizzazione non sono quelli dei « duri », ma i suoi limiti. Quando i dirigenti sovietici hanno constatato che il disgelo letterario e culturale stava andando oltre il segno, stava alùnentando fermenti che difficilmente si sarebbero potuti restringere al 1nero campo letterario (l'esperienza dell'Ungheria del 1956 è e non può non essere presente alla loro mente), essi hanno brus.camente imposto la regola di sempre. E se ciò è vero, è vero anche che hanno torto tutti coloro che in Occidente si strappano i capelli ogni volta che Krusciov appare o vuole apparire indebolito, e che si affannano a ripetere che bisogna aiutare Krusciov, e dunque fargli concessioni in politica estera·, per aiutarlo a superare i « duri » che ostacolano la destalinizzazione. Per la verità, di lotte di potere reali a lvlosca noi., in Occident~,- abbiamo avuto sempre sentore a cose fatte: le dimissioni di Malenkov, di Bulganin, di Molotov, di Zukov, la liquidazione- di Beria, le abbiamo sem_pre apprese quando erano già avvenute. E dunque è inutile continuare a spaccare in quattro i capelli della cremlinologia. D'altro canto, quante volte non sono state ripetute le stesse cose? Esattaniente nove anni fa, in un libro che ebbe molto successo, Deutscher implorava gli occidentali che si facessero con .. 45 Bibliotecaginobianco
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