Aldo M. Sandulli della sopravvivenza, nel nostro ordinan1ento, di vari casi di esercizio, da parte di pubblici poteri, di giurisdizione in causa propria. I casi in cui il fenomeno si verifica sono, probabilmente, - senza eccezioni -, piuttosto che espressione di volontà legislativa, espressione di vischiosità concettuale dei pratici: ai ministri-giudici, ai con~ sigli comunali e provinciali-giudici, alle commissioni tributarie-giudici la dottrina più avveduta ha sempre creduto poco, alla stregua di una autonoma valutazione dei testi legislativi, anche sulla base del dato storico. Sta di fatto però che certi provvedimenti ministeriali (pur ridotti ormai a u11 paio), le deliberazio11i dei consigli comunali e provinciali in sede di impugnativa dei risultati elettorali e in materia di decadenza dei consiglieri, le decisio11i delle commissioni tributarie, vivono nella realtà giuridica attuale come atti di giurisdizio11e, nonostante che, in modo più accentuato i primi, in modo meno accentuato le decisioni delle commissioni tributarie, rappresentino la pronuncia di organi, o interessati essi stessi nella controversia, o facenti capo agli orga11i interessati: e, cioè, 11onostante che si trovino istituzionalmente in una posizione non stifficientemente distaccata dalle parti, e quindi non ideale per l'esercizio della funzione giurisdizionale. Quanto sia poco appagante, in particolare, che i consigli comunali e provinciali abbiano la possibilità di continuare a operare come organi di giurisdizione elettorale, è reso evidente, tra l'altro, dal fatto che no11 di rado essi si avvalgono di tale posizione per deferire alla Corte costituzionale (come è concesso soltanto ai giudici) questioni di legittimità costituzionale prive di qualsiasi parvenza di fondatezza; e ciò al solo fine di procrastinare di qualche anno (si ricordi che le cariche consiliari durano solo quattro anni) la decisione delle controversie che investano la posizione di elementi della maggioranza consiliare (non è senza significato che, delle numerosissime questioni di legittimità costitt1zionale rimesse da consigli comunali e provinciali alla Corte costituzionale, quest'ultima non ne abbia finora ritenuta fon.data neanche una). È chiaro che attraverso il riferito espediente riesce troppo facile eludere il precetto (dettato da un legislatore giustamente prevenuto nei confronti della giustizia elettorale degli organi in questione) seco11do il quale i consigli sono tenuti a pronunciarsi sui ricorsi elettorali entro due mesi dalla loro presentazione. In presenza di un siffatto fenomeno, sarebbe auspicabile testimonianza di civiltà giuridica e di coscienza democratica che il legislatore intervenisse a dire una parola definitiva nel senso della natura non giurisdizionale di tutti i provvedimenti adottati da autorità amministrative in causa propria (o quasi). Probabilmente una sola parola legi22 Bibliotecaginobianco
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