Cronaca Libraria da Girò e andavamo a passeggio nella neve. Allora io avevo fede in un avvenire facile e lieto, ricco di desideri appagati, di esperienze e di comuni imprese. Ma era quello il tempo migliore della mia vita e solo adesso che m'è sfuggito per sempre, solo adesso lo so». Con « Ritratto d'un amico», la Ginzburg ci parla, poi, sullo sfondo di una Torino nebbiosa e malinconica, della tormentata esistenza di Cesare Pavese. In queste pagine, volte ora a metterne in risalto i tratti umani ed ora ad indagare sulla sua sempre più tortuosa psicologia, ci sembra che abbia saputo cogliere con una lucidità, mai appannata dall'affetto per l'amico scomparso, il nodo drammatico della sua vita: « Si era creato, con gli anni, un sistema di pensieri e di principi così aggrovigliato e inesorabile, da vietargli l'attuazione de1la realtà più semplice: e quanto più proibita e impossibile si faceva quella semplice realtà, tanto più profondo in lui diventava il desiderio di conquistarla, aggrovigliandosi e ra1nificando come una vegetazione tortuosa e soffocante ». Seguono poi due seri t ti sull 'lnghilterra e gli inglesi, intitolati rispettivamente: Elogio e compianto dell'Inghilterra e La Maison Volpé, che sono dei taccuini di viaggio gremiti comunque di acute e penetranti osservazioni. Ma il pezzo più originale e gustoso del libro è senza dubbio Lui e io, e qualche critico ha detto che è il racconto più straordinario che sia stato scritto in questi ultimi anni. La Ginzburg, attraverso la contrapposizione dei caratteri di due coniugi - e non è difficile indovinare che questi non sono altri che la scrittrice stessa e il secondo suo marito, Gabriele Baldini -, è riuscita a delinearci non solo un mirabile ritratto dei due personaggi, - lui così ricco di estroversa umanità, gioviale e sanguigno, lei invece introversa e timida -, ma a comporre un 124 Bibliotecaginobianco affettuoso « poema della vita . COnlUgaie ». Altri scritti racchiusi in questo libro meriterebbero di essere analizzati, come per esempio I rapporti umani e Il mio mestiere, nel quale l'autrice, oltre che a mettere a nudo le sue radici letterarie, ci parla, con un'onestà che molti scrittori d'oggi dovrebbero tener presente, del suo lavoro. Non vogliamo però chiudere queste brevi note senza aver prima fatto cenno all'ultimo saggio di questo libro e da cui esso prende il titolo: Le piccole virtù, appunto. In esso la scrittrice prende in esame la famiglia e più precisamente i rapporti che intercorrono, o dovrebbero intercorrere, tra genitori e figli, e aggiungiamo subito con una chiarezza e una semplicità sorprendenti. Dopo aver affermato che « per quanto riguarda l'educazione dei figli, penso che si debbano insegnar loro non le piccole virtù, ma le grandi. Non il risparmio, ma la generosità e l'indifferenza al denaro ... non l'astuzia ma la schiettezza e l'amore alla verità », insiste molto su un punto e cioè quello « di svegliare e stimolare, nei nostri figli, la nascita e lo sviluppo d'una vocazione » perché essa è (< l'unica vera salute e ricchezza del1 'uomo ». Naturalmente in questo delicato compito bisogna usare molta discrezione: « Il rapporto che intercorre fra noi e i nostri figli, dev'essere uno scambio vivo di pensieri e di sentimenti, e tuttavia deve comprendere anche profonde zone di silenzio». Perché sarebbe un grosso errore quello di volere che essi « siano in tutto opera nostra, come se, per averli una volta procreati, potessimo continuare a procrearli lungo la vita intera». E questo si verifica puntualmente, ci avverte la Ginzburg, ogni qual volta noi stessi « abbiamo abbandonata e tra-- dita» la nostra vocazione. G. N.
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==