Nord e Sud - anno X - n. 42-43 - giu.-lug. 1963

Recensioni virulenta, fedele alla sua vocazione, e l'esperienza che penetra effettivamente nelle profondità del reale so110 fatte per inte11dersi, aiutarsi, unirsi, senz'alcuna preventiva riserva mentale » (p. 7). Nulla di più inefficace, secondo il Gurvitch, di una concezione posivistica dei « fatti dati e osservati», come quella sostenuta tuttora dai partigiani della ricerca sociale empirica. Ma nulla, anche, di più inefficace di una concezione dialettica che non sia affrancata « de toute liaison avec une position philosophique préalable » (p. 24). Riconosciuta la realtà obiettiva come fonte dei fenomeni e l'esperienza come unica rivelazione di essa, la dialettica è lo strumento logico che - vario, duttile e molteplice come la realtà stessa - consente di mantenere all'esperienza tutte le sue proteifom1i apparenze e alla realtà tutte le sue innumerevoli e imprevedibili articolazioni (pp. 184-188). Il punto debole di questa costruzione del Gun 1itcl1 ci pare sia stato egregiamente indicato da Sartre (cfr. p. 23 e pp. 175-176) allorché ha notato, al di là di ogni apparenza, la natura neopositivistica dell'iper-empirismo dialettico proposto dal Gurvitch: « è poco importante che il Gurvitch chiami dialettico il suo iper-empirismo; quel che egli con ciò vuol far notare è cl1e il suo oggetto, i fatti sociali, si dà nell'esperienza come dialettico; il suo dialetticismo è una conclusione essa stessa empirica») anche se si deve convenire che « la diffidenza per un apriori dialettico è perfettamente giustificata nei limiti di una scienza empirica », con1'è la sociologia. Il neopositivismo di una siffatta posizione scaturisce, infatti, intrinsecamente dalla natura assolutamente trascendente della realtà rispetto al pensiero, cui il Gurvitch in ultima analisi si rimette. Qu.esta realtà è dialettica essa stessa? Ma che significa, in questo caso, dialetticità del reale, se essa non è una « struttura» della realtà stessa, ma la sua semplice e imn1ediata 1nolteplicità e se la dialettica, come metodo, non ha alcuna relazione oggettiva con la dialetticità del reale? Il Gurvitch si rifiuta, co-m'egli stesso dice, « à voir la source du mouvement dialectique dans la raison » (p. 23). Ma lo scotto che egli paga, sul piano teoretico, per questo rifiuto è piuttosto pesante e ne deriva tra l'altro quel carattere descrittivo della dialettica che, tra le restanti sue elaborazioni, è di quelle che lasciano più perplessi. Il Gurvitch ha un bel rivendicare il carattere « virulento » della dialettica, il fatto che essa si pone come una «ordalia», una «purificazione» (cfr. p. 181). Ma quando poi egli ne riduce· la portata ad un procedimento descrittivo, appare chiaro che la virulenza della dialettica così rivendicata è puramente verbale ed esteriore; ed anche l'interessante tentativo di definire una serie di procedimenti di dialettizzazione si risolve su un piano puramente esteriore: questi procedimenti sono empiricamente ritrovati, confermano l'empirismo realistico del Gurvitch, possono essere aumentati o diminuiti di numero, non hanno, insomma, nessuna interna necessità e dialettica reciproca connessione, sicché l'applicazione di tali procedimenti (ab extrinseco rispetto alla realtà cui sono applicati) è un altro problema da risolvere empiricamente volta per volta. La verità è, dunque, che dialettica ed empirismo non sono e- non possono essere fra loro conciliati che su un piano che può essere interessante 227 Bi~liotecaginobianco

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