Nord e Sud - anno X - n. 42-43 - giu.-lug. 1963

Una stampa senza avventure Thomas A. Bailey, non è men vero che ogni pubblico ha il giornale che si merita. D'altra parte, è logico che le pubblicazioni di massa siano interessate al mantenimento dello statits qito; e non soltanto· perché la stabilità del mercato (ossia un pubblico saldamente ancorato al suo attuale livello di vita economico e mentale) costituisce la migliore garanzia per la continuità delle vendite. Non bisogna dimenticare che i promotori dei 1nass media fanno parte di u11 determinato schema economicosociale, ed è comprensibile che vogliano contribuire a conservarlo. Non che essi facciano una scoperta azione di propaganda in favore degli ordinamenti esistenti; il contributo alla conservazione nasce, per solito, dalla esaltazione dei valori convenzionali, dei modelli di vita piccolo-borghesi, degli atteggia1nenti conformistici: quelli, cioè, del « cosiddetto 'buon senso ', privo di avventure e di innovazioni » 11 • In altri termini, il messaggio conservatore dei mass media è costituito « dalla presenza tipica, nei racconti delle riviste, nei programmi radiofonici, nelle rubriche giornalistiche, di taluni elementi, che implicano la conferma e l'approvazione dell'attuale struttura della società » 12 • A tutto questo bisogna aggiungere un altro fattore di conservazione: quello rappresentato dalla pubblicità. È stato detto, e con ragione, che nel regno della cultura di massa la pubblicità è il Primo Ministro. Quantunque in Italia si sia ancora lo11tani dalle cifre favolose che in altri paesi vengono annualmente investite nel settore pubblicitario, è indiscutibile che l'economia di un giornale moderno, anche nel nostro paese, risenta non poco dei proventi ricavati dalle inserzioni pubblicitarie 13• Gran parte delle readerships promosse dagli editori italiani sono state effettuate a fini esclusivamente pubblicitari: ossia per fornire agli inserzionisti informazioni dettagliate e aggiornate sul pubblico dei singoli giornali. D'altra parte, se l'ideale della vita, quale risulta dalla lettura dei niass media, è rappresentato dal successo individuale, non è men vero cl1e i frut~i di tale successo si identificano con i beni di consumo, dei quali gli stessi mass 111edia fanno la pt1bblicità. È superfluo rilevare come le industrie inserzioniste mirino a proteggere il sistema nel quale si sono sviluppate; piuttosto, occorre cl1iedersi se l'apporto pubblicitario si traduca, oppure no, in una sitt1azio11e di dipendenza della stampa 11 IGNAZIOWEISS, op. cit., p. 216. 12 PAULLAZARSFELADND RoBERT MERTON, Mass Communication, Popular taste and organized Social Action in « Mass Culture», p. 465. 13 Secondo NICOLATRANFAGLI(Acf,r. Ricerca sociale e aziende giornalistiche, « Nord e Sud», Novembre 1961) il contributo della pubblicità costituisce almeno il 30% degli . . 1ncass1. 165 Bibliotecaginobianco

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