Paesi e città sente il peso che questo fatto esercita nella valutazio·ne complessiva del fenomeno esaminato. Del resto, le considerazioni fatte sull'andamento degli investimenti in Campania potrebbero, al limite, essere anche capovolte nel loro significativo, e assumere uno quasi positivo, se l'andamento per settori di intervento dimostrasse che la Campania ha utilizzato al meglio le proprie risorse, soprattutto in rapporto alle attività sussidiarie e complementari che le industrie quivi già esistenti avrebbero permesso e giustificato. Qui, però, le indicazioni disponibili sembrano confermare le prime impressioni. In altre parole, non è il fatto in sé della modestia degli' investimenti medi, - ragguagliabili, come abbiamo detto, più ad attività artigianali che a vere e proprie iniziative industriali - a suscitare da solo allarmi o almeno perplessità, che pure troverebbero la loro ragion d'essere. Il fatto diviene grave se rapportato ai settori di produzione, esaminando i quali si ha una ulteriore conferma della « polverizzazio•ne » delle volontà e capacità imprenditoriali campane quali si sono manifestate negli ultimi dieci-dodici anni. Si ritorna, cioè, al discorso della « proprietà » e del « padrone » rispetto ad un discorso, che purtroppo non è ancora possibile avviare per la Campania, sull' « impresa » e sul1' « imprenditore ». Ed in effetti i settori che massimamente hanno usufruito di finanziamenti agevolati in Campania sono quelli tipici di un ordinamento economico e produttivo ancora, in larga misura, pre-industriale, o almeno « industriale » nel senso che poteva darsi al termine una trentina di anni fa. Il quadro è completato poi dal fatto che nell'ambito di questi settori il volume unitario degli investimenti, il rapporto intuibile tra somme investite e risultati produttivi, sono tali da acuire, e non certo da attenuare, allarmi e perplessità. E valgano le cifre. Oltre la metà (54%) delle delibere di finanziamento concernenti la Campania sono relative ai settori alimentari, del tabacco, del legno, delle pelli e cuoio e dei materiali da costruzione, (ivi inclusi ceramiche e vetro); poco 1neno del 10% concerne il solo settore tessili-abbigliamento; mentre solo poco più del 23%, e cioè neppure 11n quarto del totale, riguarda i tre fondamentali settori delle industrie metallurgiche, delle industrie meccaniche e di quelle chimiche. Ma in questo contesto alcu11i dettagli appaiono ancora più significativi. Ad esempio, il finanziamento mediamente effettuato nel settore delle pelli e cuoio è stato di 25 milioni di lire a fronte di investimenti medi fissi di 38 milioni. In questo settore, figurano effettuati, in una provincia campana, 4 operazio11i che hanno comportato, nel loro complesso, 39 milioni di investimenti fissi e 20,5 milioni di finanziamento!! Nel settore degli alimentari e della trasformazione dei prodotti 129 Bib.liotecaginobianco •
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