Nord e Sud - anno X - n. 42-43 - giu.-lug. 1963

Giornale a più voci del progetto di legge non hanno pensato alla possibilità che uno studente di Catanzaro possa disdegnare le scienze 11aturali, assegnate alla sua città, per preferire i corsi di agraria asseg11ati a Cosenza, e viceversa, e che moltissimi studenti di Reggio-, e di tutta la regione, non amino né l'architettura, né l'agraria, né la matematica, e siano costretti ancora ad orientarsi verso le Università delle altre regioni? Non ci vuole un'inchiesta Doxa, riteniamo, per appurare che i giovani di Reggio non nascano tutti con l'hobby dell'architettura e che quelli di Cosenza, nella stragrande maggioranza, non sentano alcuna spinta senti1nentale verso gli studi dell'agraria, né razionale, quando ben sanno, co1ne una nostra personale indagine ci ha consentito di verificare che esiste già un'alta percentuale di periti agrari privi di occupazione ... È stato osservato, inoltre, che le Facoltà di Reggio· e Cosenza dovrebbero essere analoghe a quelle di Catanzaro e bisognose, ciascuna, di istituti dove i docenti e gli assistenti possano compiere i loro studi e le ricerche scientifiche. Si pensa quindi di creare un solo istituto nella regione, poniamo a Catanzaro, e di indurre docenti e assistenti di Reggio e Cosenza a trasferirsi a Catanzaro con periodicità pressoché quotidiana? Oppure, quando non basta il denaro per crearne uno solo efficiente, si pensa di creare tre istituti analoghi nel raggio di poche centinaia di chilometri? Quanto alla scelta delle Facoltà, non ci vuol molto per capire che esse non rispecchiano neppure da lontano le esigenze della maggior parte degli studenti calabresi. Basta pensare che la Calabria, fra i suoi settemila stt1denti universitari sparsi nelle varie città italiane sede di Ateneo, possiede la più alta percentuale nazionale di iscritti in Medicina. No all'Università di vecchio tipo. Non si deve dimenticare, al momento di ·progettare e realizzare un nuovo Ateneo, che in Italia esiste un ben acuto e allarmante problema dell'Università. Quindi: l'Università calabrese deve inserirsi supinamente in questa crisi oppu_re (vedi proposta socialista per la creazione di un Istituto di Tecnologia, addirittura terzo nel mondo; vedi critiche e suggerimenti della stampa specializzata) dovrà sforzarsi di dire una parola nuova, ·di dimostrarsi un organismo serio, all'avanguardia, ineccepibile tecnicamente? Non è più che lecito scongiurare, con una saggia impostazione, il pericolo fin troppo apparente della creazione di una Università sottosviluppata, di una Università « facile », scadente, che serva soltanto a distribuire diplomi di laurea al maggior numero di studenti possibile? Se l'Italia ha il problema dell'Università, la Calabria, che all'Università aspira legittimamente, deve ancora risolvere i suoi problemi della scuola, dell'analfabetismo. Secondo t1n'inchiesta svolta dall'Ist_at, in Italia vivono 6 milioni 515mila 432 ragazzi fra i sei e i quattordici anni e di questi circa il 12 per cento (cioè 779.974 potenziali « talenti ») non entran.o nelle aule scolastiche~ Le percentuali più alte, logicamente, spettano al Meridione, alla Calabria. Questa regione, infatti, si trova all'ultimo posto, fra tutte le regioni italiane, per quanto· riguarda la frequenza dei suoi giovani alle scuole sino alla quinta classe elementare: con il 38,3 per cento· contro il 49,4 della Sardegna, il 48,8 della Basilicata, il 46,3 della Sicilia. La media nazionale, 117 Bibli.ot~caginob~anco

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