Mario Pacelli particolari limitazioni ed in altri casi di m1:110,rerilievo. Per completare il sistema, fu istituita una specie di cassa di' compensazione, dotata inizialmente di 300 milioni di sterline: al fondo sarebbero dovute affluire le somme pagate per « development charge », e, nel contempo, sarebbero stati a carico del fondo stesso gli indennizzi da corrispondersi nei casi sopra indicati. Per t1n complesso di ragioni, il sistema non diede però i risultati sperati, tanto che, a partire dal 1953, è stato quasi completamente abbando·nato. A semplice titolo indicativo, si può aggiungere che uno dei suoi maggiori difetti era da individuare nella difficoltà dell'accertamento del plus-valore che l'immobile avrebbe conseguito in seguito al « development ». Malgrado ciò, l'esperienza inglese risulta molto interessante, soprattutto in quanto dimostra la pratica inattuabilità di certe soluzioni teorica1nente ineccepibili. Il problema è stato di recente autorevolmente affrontato, in Italia dalla Commissione insediata dal ministro dei lavori pubblici, ono,revole Sullo, ed incaricata di predisporre uno schema di nuova legge urbanistica. La soluzione proposta agli articoli 23 e seguenti dello schema è di prescrivere ai Comuni la espropriazione di tutte le aree inedificate ricomprese nel perimetro di un piano particolareggiato, dietro pagamento di una indennità la cui misura sarebbe però fissata prescindendo da qualsiasi incremento di valore derivante dall'adozione e dall'attuazione del piano. Il Comune stesso, una volta eseguite le opere di' urbanizzazione primaria, provvederebbe poi a cedere a mezzo di asta pubblica il diritto di superficie delle aree espropriate destinate ad edilizia residenziale. Questo, a grandi linee, il sistema p,roposto; ed è facile vedere che si tratta di una soluzione radicalmente innovativa, sulla quale, infatti, più che su tutte le altre norme contenute nello schema, si è accentrata l'attenzione degli urbanisti. Il primo e fondamentale vantaggio che deriverebbe da una soluzio,ne siffatta sarebbe quello di rendere indifferente la proprietà privata alle prescrizioni del piano, dal momento che a tutti i proprietari sarebbe corrisposta una indennità di espropriazione determinata in base al valore che prima del piano avevano i loro terreni. Il plus-valore acquisito dai terreni stessi andrebbe a vantaggio della collettività e, tradotto in moneta, consentirebbe l'esecuzione delle opere di urbanizzazione. Sul piano più strettamente urbanistico, è da rilevare fra l'altro, la possibilità per gli organi pubblici di adottare, trascorso un certo numero di anni e venuto quindi a scadere il periodo per il quale il diritto di superficie sia stato eventualmente concesso, soluzioni urbanistiche nuove e più rispondenti ai bisogni della collettività. D'altra parte, però, si sono levate molte voci contrarie all'adozione del criterio di cui all'art. 23 del progetto. Si è sostenuto, fra l'altro, che l'espropriazione delle aree edificabili da parte dei Comuni sarebbe contraria al disposto dell'art. 42 della Costituzione, che consentirebbe solo l'apposizione di vincoli e limitazioni alla proprietà privata e l'esproriazione di essa solo 56 Bibliotecaginobianco .
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