Giornale a più voci Piani regolatori e aree fabbricabili Il disegno di legge recentemente approvato dal Parlamento e concernente l'istituzione di un'imposta sugli incrementi di valore delle aree edificabili ha indubbiamente un significato che trascende il piano strettamente fiscale. È da notare, anzitutto, che non si tratta di un'imposta completamente nuova all'ordinamento giuridico itaìiano. Per trovarne l'origine bisogna infatti risalire alla legge 18 luglio 1904, n. 320, mo·dificata ed integrata dalla legge 11 luglio 1907, n. 502, che per prima introdusse un'i1nposta sugli incrementi di valo1 re delle aree. Durante la discussione alla Camera dei Deputati della legge n. 502, il Presidente del Consiglio dell'epoca, Giovanni Giolitti, fece rilevare che finalità sostanziale del provvedimento era di mettere il comune di Roma « in condizione di poter regolare la edificazione e nel tempo stesso di poter realizzare a favor suo quell'aumento di valore che derivava annualmente dall'aumento della popolazione ». La nuova imposta ebbe però vita breve: infatti, fu soppressa dal R. D. 18 novembre 1923, n. 2538, nè di essa si ebbe più a parlare fino ad epoca relativamente recente. Quello che preme, però rilevare a proposito dell'imposta recentemente introdotta - o reintrodotta, se si preferisce - è che essa appare principalmente diretta alla risoluzione di un gravissimo problema, quello, cioè, della esistente sperequazione di trattamento fra i proprietari di aree edificabili. Come ben sanno coloro che si occupano di problemi urbanistici, la azione dei Comuni nella formazione dei piani regolatori incontra un gran numero di ostacoli e di difficoltà dovute soprattutto al fatto che le prescrizioni di tali piani incidono profonda1nente sulla proprietà privata, determinando sensibili aumenti e diminuzioni di valore dei terreni edificabili. È naturale, quindi, che i proprietari delle aree ricadenti nel perimetro del piano co·mpiano ogni sforzo al fine di ricevere il massimo beneficio ed il minimo danno dalle sue prescrizioni. Di qui le pressioni esercitate sugli Enti locali al fine di provocare l'adozione di una soluzione piuttosto che di un'altra. Avviene così che i piani regolatori - diciamolo pure francamente, guardando alla realtà quale è e non quale dovrebbe essere - sono spesso il risultato di compromessi, di tentativi di contemperare i vari interessi in gioco, piuttosto che ispirarsi come dovrebbero, a finaltà di interesse generale e contenere valide soluzioni urbanistiche, con le intuibili ripercussioni negative sulla strutturazione dei centri t1rbani. È da aggiungere che la costante tendenza all'inurbamento, che non è solo una conseguenza delle trasformazioni in atto dell'economia italiana, ma anche delle maggiori garanzie di benessere che la città come tale è in grado di offrire, po·rta ad una contin11a espansione dei centri abitati. Ciò vale non solo per le grandi città, ma anche, seppure in misura diversa, per le cittadine di provincia. 53 Bibliotecaginobianco
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