Clemente Maglietta più alta di tutte. Avere qt1esta qualifica ci dà _specifici ed inallenabili diritti, di fronte alla legge, di fro11te alla autorità amministrativa nonché di fronte alla logica ed al buon senso. E nessuno - ripetiamo nessuno - ha il diritto di sostituire alla parità dei cittadini la propria collocazione nella scala sociale ed ancor meno, il rango cl1e per carriera ricopre. Una divisa va rispettata, un ordine professionale va rispettato, ogni posizione civile o militare va salvaguardata e precise regole. vi provvedono! Ma c'è la categoria dei rapporti privati che rappresentano la maggioranza dei nostri rapporti sociali che vanno egualmente tutelati e contro la cui tutela nessuno può invocare la propria posizione sociale, o, peggio, sostituire la posizione sociale alla mancanza di ragioni valide. Se ci fosse, dovremmo infatti evitare di abitare i11 un palazzo dove si corre il rischio di incorrere in casi del genere, magari per la diavoleria di un ragazzino o la distrazione di una cameriera. Si rischia troppo a non pensarci a tempo! Eppure la gente - la maggioranza - sa che una istituzione alta ed autorevole, si difende prima di tutto con la buona educazione oltre che per il garbo ed il senso di misura di coloro che ne fanno parte. Ma al punto in cui siamo, ci pare che questo non basti più e che bisogna fare ricorso alla legge, sia per tutelare il buon nome dei « pubblici ufficiali)> o degli addetti « a pubblico servizio », che la tranquillità dei cittadini senza specifica qualifica. Un esame anche superficiale al nostro codice penale, senza fare ricorso ad esami scientifici, dovrebbe consigliarci di intervenire legislativamente nella questione, in due precise direzioni. Da un Iato si dovrebbe aggiungere - a certi articoli - t1na clausola che consenta di considerare inapplicabile la norma penale ove si tratti di abusiva qualificazione del pubblico ufficiale e dall'altro lato si dovrebbe introdurre una nuova norma penale per considerare reato la qualificazione abusiva. Il pubblico ufficiale deve essere tutelato nell'esercizio delle sue funzioni come si esprime l'art. 341 c. p. quando nel 1° comma fa esplicito riferimento alla presenza fisica del funzionario ed « a causa o nell'esercizio delle sue funzioni». Al di fuori delle sue funzioni, il funzionario deve essere un cittadino, parola che - ripetiamo - rappresenta, nella nostra Repubblica, la più alta ed insostituibile qualifica. Non basta dire: « Io sono ... » per acquisire diritto al rispetto, né è possibile riconoscere ad un funzionario il diritto di qualificarsi a libito e comodo suo. Non è ammissibile che in U11adiscussione privata, od in un qualsiasi altro rapporto privato, possa introdursi - ad un certo punto - un elemento estraneo, pronunciando una frase sacramentale che abbìa la taumaturgica virtù di trasformare un cittadino privato "in un privilegiato. Non si ha il diritto di porre in condizione di inferiorità il proprio interlocutore vantando la propria qualità di pubblico ufficiale. A noi sembra che l'art. 393 debba considerare questa ipotesi e debba introdurre, là dove si parla di 1ninacce « per farsi arbitrariamente ragione da sé», la abusiva qualificazione di un funzionario che, confondendo il sacro con il profano, cerca di creare nel suo interlocutore una somma di preoccu48 Bibliotecaginobianco
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