Nord e Sud - anno X - n. 40 - aprile 1963

L'Europa tra De Gaulle e Kennedy cui essa può indicare la strada giusta che v'è un largo margine di azione politica anche per il nostro paese. A noi sembra che due problemi siano particolarmente rilevanti: quello dell'atteggiamento da tenere verso la Germania e l'altro della difesa dell'Europa. Per quanto riguarda il primo, se è esatta la nostra analisi, bisogna evitare in avvenire che la Germania si senta abbandonata dal suo maggiore alleato ed isolata in Europa, bisogna che essa non abbia il terribile e frustrante sentimento di avere sprecato dieci anni della sua vita politica. Il che vuol dire che a Washington, a Londra, a Roma, a Bruxelles e all'Aia occorre che si riprenda decisamente il movimento verso un'integrazione politica vera e propria; e vuol dire che coloro i quali devono essere i reali protagonisti di questo processo devono agire con decisione e fermezza, mettendo la Francia innanzi a scadenze precise, una volta passate le quali sarebbe la Francia stessa ad essere superata dagli avvenimenti; e vuol dire, finalmente, che Washington deve pianificare la sua politica in funzione di questo obiettivo di fondo. Bisogna togliere, innanzi all'opinione pubblica europea e francese, al generale De Gaulle l'alibi della difesa dell'europeismo, e sia pure di un europeismo fiacco e slabbrato, ed isolare la Francia innanzi a scelte concrete. E non è certo una previsione avventurosa che quando un piano di questo genere fosse perseguito con coerenza e fermezza da Londra e da Washington e dalle capitali di almeno quattro dei paesi del MEC, quando non vi fossero flirt preoccupanti con Mosca, a Parigi verrebbe meno del tutto il solo appoggio che essa ha oggi in Europa, l'appoggio tedesco. Occorre, insomma, pianificare la politica occidentale nella sola direzione seria, che è quella della costruzione europea. E quanto all'altro problema decisivo che si è imposto in questa congiuntura politica, il problema della difesa europea, è inutile indugiare a discutere le elaborazioni strategiche più o meno sofisticate e più o meno corrette del Pentagono: il problema è di tale gravità psicologica prima che tecnica, che abbisogna di una soluzione politica, e questa soluzione politica può essere una soltanto: l'armamento nucleare comune di un'Europa federale. Ci rendiamo conto benissimo che quest'ultima affermazione potrà sembrare avventurosa: nel momento in cui le due massime potenze mondiali, si dirà, negoziano faticosamente tra loro un accordo per il controllo delle esplosioni nucleari non si può .proporre seriamente che vi sia un'Europa federata armata di megatoni. Ebbene, questa non è un'obiezione fondata. Non esistono più due potenze nucleari soltanto, ma ve ne sono quattro; e non è azzardato prevedere che, se non si costruisce a tempo l'unione europea, ve ne saranno ancora altre sul vecchio continente. Su questo punto non bisogna farsi nessuna illusione: 39 Bibliotecaginobianco

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