La Redazione né siffatti procedimenti hanno molto senso in politica, e neppure per esprimere ancora una volta la delusione degli europeisti democratici, i quali hanno sempre contato sulla larghezza di visione e sul coraggio tradizionali delle classi dirigenti britanniche; tutto ciò, dunque, non si è ricordato per queste e si1nili ragioni, ma perché è parte integrante del processo di crisi nel quale ci troviamo e di cui bisogna prendere coscienza francamente e senza falsa reto,rica per potere agire nell'av- . verure. Ma l'errore americano in questa vicenda è diverso da quello inglese (sarebbe davvero assurdo imputare agli Stati Uniti le deficienze della Gran Bretagna), ed è forse più grave: esso consiste nell'avere inteso l'ingresso della Gran Bretagna nel MEC come parte di un più ampio disegno, mirante a creare una larghissima zona di libero scambio, che comprendesse gli stati neutrali d'Europa, il Commonwealth e finalmente gli Stati Uniti stessi. Non crediamo che questo disegno abbia avuto molta influenza nel determinare l'opposizione gollista all'ingresso del- • l'Inghilterra nel MEC; ma esso ha certamente fornito un'eccellente ragione al generale-presidente per dare una coloritura europeistica alla sua allocuzione del 14 gennaio. l\lla comunque ciò sia, dal nostro punto di vista quel grande progetto americano resta un errore. Nessuno vuole negare che il presidente Kennedy abbia dato prova di tempestività e di coraggio politico nell'impostare i problemi dei rapporti dell'eco11omia del suo paese col resto del mondo e soprattutto col MEC in modo nuovo rispetto ad una tradizione politica americana ormai più che secolare. E tuttavia bisogna evitare di confondere, almeno per il presente e per i prossimi anni, il problema dei rapporti economici tra l'area del MEC e gli Stati Uniti e quello delle strutture permanenti di una più vasta comunità economica. E bisogna evitare questa confusione no,n soltanto perché v'è nei paesi del MEC (e se l'Inghilterra vuole entrare a farne parte deve accettare di assoggettarsi a questo principio) l'esigenza di non interrompere o rallentare o diluire un'integrazione economica che finora ha proceduto a ritmo abbastanza rapido, e che dovrebbe procedere a ritmo ancora più spedito, se si riuscisse a superare la crisi attuale provocata dalla Franca; ma anche perché non si può imporre ai paesi nel MEC, i quali, sempre che si superi questa crisi, dovranno essere impegnati nel passaggio dall'integrazione economica a quella politica, il peso supplementare dell'adattamento ad altri livelli e problemi di strutture economiche comuni. Non vorremmo in alcun modo essere fraintesi: non pensiamo affatto che la Comunità Economica Europea debba essere chiusa al mondo esterno e svilupparsi autarchicamente, quasi consumandosi nei suoi 34 Bibliotecaginobianco
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