Nord e Sud - anno X - n. 40 - aprile 1963

L'Europa tra De Gaulle e Kennedy in Europa grazie all'ingresso dell'Inghilterra nel MEC. Noi crediamo, e l'abbiamo scritto, che l'Inghilterra debba entrare nel Mercato Comune, e che questo ingresso sia un fatto positivo; e crediamo anche, ed abbiamo scritto anche questo, che il veto francese sia stato una decisione nefasta e che la motivazione di esso si debba considerare a dir poco singolare e stupefacente. Ma questo 110n ci esime dal dover constatare gli errori commessi dall'Inghilterra ostacolando prima e combattendo poi il processo d'integrazione europea e negoziando, da ultimo, il suo ingresso 11elMEC in modo tale da suscitare spesso qualche perplessità in quelli stessi che le erano favorevoli. Hallstein ha rivelato recentemente che un negoziatore inglese ebbe a dirgli che egli aveva l'impressione di trattare su un tapis roulatzt, intendendo che per la durata stessa delle trattative aveva avuto modo di constatare che i problemi del MEC mutavano velocemente per la dinamica stessa del processo integrativo. I problemi del MEC mutavano, verrebbe voglia di aggiungere, mentre la Gran Bretag11a restava ferma: durante i negoziati di Bruxelles, insomma, l'Inghilterra l1a mostrato sovente di non avere il• coraggio di sacrificare interessi econon1ici setto,riali alla grande rivoluzione politica che stava compiendo. Certamente, bisogna rendersi conto dell'enorme sforzo che rappresentava per il governo inglese la decisione di fare il grande salto, spezzando tradizioni secolari, e di farlo con il partito d'opposizione risolutamente avverso e con una parte della stessa opinione conservatrice ancora perplessa. Ma comprendere ciò non vuol dire ignorare che queste timidezze e perplessità e la mancanza d',entusiasmo che ha accompagnato sempre il gesto inglese non erano gli atteggiamenti più adatti a suscitare un travolgente entusiasmo negli europei: « diciamolo francamente - ebbe a scrivere Raymond Aron lo scorso settembre - quelli pei quali l'Europa dev'essere una patria non possono ignorare che agli occhi degli inglesi (fatta eccezione per una piccola minoranza) essa non sarà mai altro che un mezzo». Forse Aron esagerava nel dire « mai »: proprio perché all'Inghilterra pareva mancassero il coraggio e la visione politica, gli europei dovevano mostrare di averne per lei; pure, !"acuto osservatore e studioso francese aveva perfettamente ragione nel rilevare una sorta di disagio europeo innanzi alla riluttanza britannica. E lo stesso disagio devono aver provato tutti gli europeisti democratici quando hanno letto nel « Times » del' 15 dicembre, e dunque nei giorni della crisi cosiddetta dello Skybolt, le seguenti parole: « uno dei pericoli di questa situazione è che la Gran Bretagna possa ora tendere troppo decisamente verso un raggruppamento di potenze europee»! Tutto ciò non si è ricordato per fare una sorta di processo all'Inghilterra, perché né la Gran Bretagna lo merita, 33 Bibliotecaginobianco

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