Nord e Sud - anno X - n. 40 - aprile 1963

La Redazione contrasti degli anni passati rendeva impossibile; s~, invece, la tensione non è diminuita, è stata Washington e non Parigi a rompere per prima la compattezza dello schieramento occidentale: insomma la tensione non può essere diminuita quando si giudica l'azione degli Stati Uniti e non diminuita quando si tratta invece di giudicare l'azione della Francia! Sappiamo benissimo che a questo ragionamento è facile replicare che una cosa è constatare una affievolita intensità della tensione tra i due blocchi e le nuove opportunità di negoziato che potrebbero derivarne, e un'altra è provocare crisi e tensioni all'interno· del blocco occidentale, indebolendolo negli eventuali negoziati. Ma qui occorre aggiungere due considerazioni. La prima, di carattere per così dire psicologico, è che la replica al ragionamento francese, per essere più sofisticata, è più difficilmente comprensibile e quindi impressiona meno dell'argomentazione di Parigi, ancl1e se è assai più corretta. L'altra è che, ad essere veramente sinceri, gli americani sembrano 1 pensare che essi soltanto hanno quella visione globale delle cose che consente di fare politica su scala mondiale nella presente congiuntura. I dirigenti di Washington non sono sicuri che gli europei conoscano veramente o comprendano veramente le realtà politiche ed il modo di affrontarle proprii dell'età nucleare: « la condotta della diplomazia nell'-attuale equilibrio di potenza - ha scritto Walter Lippmann - è una responsabilità suprema, perchè è in gioco non soltanto la pace nel vecchio senso del termine, ma anche la sopravvivenza dei grandi centri della civiltà occidentale ». L'opinione di Lippmann non è priva di qualche fondamento: gli Stati Uniti sono, senza alcun dubbio, il solo dei paesi dell'Occidente che ha, per così dire, razionalizzato pienamente l'età atomica, perché si sono trovati costretti ogni giorno a pensare la propria politica anche in ragione dell'enorme e tremenda potenza da loro controllata. Ma nelle parole di Lippmann e soprattutto nella sua conclusione ( « il potere decisivo di premere il pulsante fatale della guerra deve appartenere a quelli che detengono l'ultima responsabilità ») v'è una singolare ed assurda ignorar1za della situazione reale, che è il prodotto di due sfiducie: la sfiducia di alcuni settori delle classi dirigenti europee nella decisione americana di premere quel « fatale pulsante » per la difesa del vecchio continente e la sfiducia degli Stati Uniti nella capacità degli europei di condursi come bisogna condursi tra le durissime realtà e le apocalittiche prospettive del nostro tempo. In questo intreccio di sfiducie v'è un problema che bisogna risolvere al più presto, e che non si pt1ò risolvere soltanto con le dichiarazioni d.'intenzioni. Né, finalmente, sembra che Washington abbia 1nisurato la reale dimensione delle questioni, allorché ha tentato di forzare un nuovo allineamento 32 Bibliotecaginobianco .

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