La Redazione dunque, che in un caso del genere la pausa di rifles~ione non servirebbe a nulla, e che dopo una settimana o un rriese di combattimenti gli alleati si troverebbero innanzi alla medesima alternativa del primo giorno: ricorrere oppure no alla ritorsione nucleare. Si potrebbe osservare che la settimana o il mese di combattimenti sposterebbero psicologicamente l'opinione dalla parte di chi è attaccato e la convincerebbe della necessità di ricorrere all'arma suprema. Quale opinione? Quella dei paesi nel cui territorio si combatte? Quella europea? Quella americana? D'altra parte, questi sono ragionamenti assai pericolosi: all'indomani di un attacco sovietico in Europa a cui non fosse seguita immediatamente una rito,rsione atomica, il comune delle persone crederebbe che la guerra nucleare si è evitata una volta per tutte e non comprenderebbe la necessità di farvi ricorso una settimana O· un mese più tardi. Ma l'analisi può essere portata più avanti: ammettiamo che la pausa funzioni e che i sovietici, dopo averci bene riflettuto, blocchino il loro attacco. Ma al momento in cui si fermano essi avranno conquistato almeno un terzo del territorio della Germania federale: cosa accadrà allora? I sovietici si ritireranno immediatamente, come hanno fatto a Cuba? Sembra improbabile; piuttosto si aprirà un estenuante negoziato nel corso, del quale gli attaccanti tentera11no di conservare tutte le loro conquiste ! E quale sarà la reazione degli Alleati innanzi a tale atteggiamento? La guerra nucleare per costring·ere i sovietici ad abbandonare le loro conquiste? Anche questo sembra improbabile: una ritorsione nucleare ad attacco appena cominciato è più logica e più plausibile che un attacco nucleare a guerra terminata e a negoziati aperti. La conclusione è molto semplice: il premi.o all'aggressore, il quale conserverà almeno una parte delle sue conquiste. A questo punto si potrebbe obiettare che i termini in cui abbiamo posto la questione sono, troppo semplici, poiché la nuova strategia americana prevede appunto lo scalamento, ossia il passaggio da non-combattimenti con armi convenzionali ad altri tipi di combattimenti, con armi più distruttive, senza ricorrere dal principio allo scambio nucleare totale. Il guaio è, però, come ha detto il maresciallo Malinovski (che sarà certo uno stratega meno sofisticato dei suoi colleghi del Pentagono, ma non è privo di qualche rudimento dell'arte militare), il guaio è che in situazione di stallo nucleare vince chi ha i carri armati più veloci. Il che vuol dire che la dottrina dell'escalation, che funziona così bene a tavolino, potrebbe non funzionare sui campi di battaglia: gli alleati, i quali contavano sui gradini intermedii dello scalamento per accrescere la pressione psicologica sui sovietici nella fan1osa pausa di riflessione, potrebbero· trovarsi 26 Bibliotecaginobianco . I
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