Nord e Sud - anno X - n. 40 - aprile 1963

Recensioni non potremmo esser capaci; e, naturalmente siamo anche persuasi che, in non poche occasioni, sapremmo comportarci più saggiamente di loro». (Vol. II fascicolo II luglio-agosto '62). La prima parte del volume, è dedicata al problema di fondo dell'esistenza dell'uomo, alla luce delle nuove esigenze e delle nuove condizioni che la determinano. Questa parte del volume è la più discorsiva la meno specifica, e quindi anche la più personale. I drammi della generazione del Ricci - egli ha 42 anni - sono intensamente rivissuti in queste pagine. Ma lì dove l'autore si libera delle sue esperienze particolari per divenire « anonimo del XX secolo » scrive belle pagine di sicura validità. Nel capitolo « Soggettivo e Oggettivo», il Ricci si chiede se « al mondo d'oggi gli uomini possono trovare tra di loro un minimo con1une denominatore » che sia di base alla costruzione di una vita veramente comunitaria. Questo denominatore comune è difficilmente raggiungibile partendo da una posizione soggettiva che per essere tale viene a ledere la libertà di una comunità. Unica via d'uscita è l'oggettivazione della personalità, che non sarà completa, perché si annullerebbe così la realtà stessa dell'io, ma costituirà col suo « equilibrio instabile » la base per una vita comune. In effetti l'oggettivo non si è mai realizzato, Io stesso spirito comunitario del Medioevo non riuscì a creare una città oggettiva. Esisteva il soggetto nel Dio cristiano, che ha informato del suo timore l'esistenza di una comunità. La città creata da uomini timorosi di un misterioso al di là, non è una città oggettiva, non una città veramente « spontanea». Il « soggetto » dal paganesimo al cristianesimo si è tenuto costantemente al di fuori dell'uomo, con la rivoluzione dell'umanesimo si è indentificato con esso. L'uomo moderno invece, è lontano da u11a posizione equilibrata e rischia di perdersi in atteggiamenti mistici, e va alla ricerca di nuovi miti, siano essi politici, artistici o religiosi. Al di là del mito c'è da credere che il mondo è assurdo, ma allora lo scetticismo ci blocca la membra, l'alienazione ci gela il sangue delle vene; o che il mondo sia logico. « Ma in questo caso - osserva il Ricci - dovete anzitutto accorgervi che i problemi dell'urbanistica e dell'architettura so110 oggi male impostati riguardo il gusto, il decorativo, lo stile, non la struttura e lo spazio ». C'è innanzi tutto da « esaminare gli atti della nostra giornata», gli altri invece « esaminavano la consuetudine degli atti». Di qui la sostanziale diversità nell'impostazione dei problemi. Il Ricci non vede la ragione di continuare in una urbanistica irrigidita in schemi ormai inattuali. E dimostra la retoricità di certo « costume urbanistico», mediante una analisi radicale del concetto di lavoro, ospedale, mercato, teatro, museo, sport. Gli verrebbe la voglia di gridare ai suoi studenti che è inutile lavorare, perché lavorano nell'errore, ma nonostante ciò bisogna lavorare, lavorare ancora di più. « No. Non farete una città», ma pian piano ciascuno sarà consapevole di una nuova realtà e allora potrà sorgere la « città terra», non solo « soggettiva», non solo << oggettiva», ma una città « anonima», nostra., di tutti noi. 125 Bibli·otecaginobianco

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