Recensioni malintesa interpretazione delle funzioni precise e specifiche sia dell'architetto che del sociologo. Si tratta in effetti di riproporre su di un campo lievemente diverso, ma sostanzialmente identico, il problema della validità creatrice dell'architetto e quello ad esso connesso della validità dell'opera di architettura, al pari delle altre espressioni estetiche dello spirito umano. Il Ricci agisce in linea con questo presupposto logico, ma rifugge da ogni espressione che sappia di biblioteca e da un raziocinare dialetticamente esatto. Perciò il filo logico del discorso è a volte palese a volte appena avvertibile; bisogna coglierlo tra riga e riga, senza che il lettore sia in tensione. Questo è un vantaggio enorme, ma qualche volta presenta delle anomalie: il Ricci spesso si perde dietro il suo pensiero ed insegue visioni fantastiche, a volte allucinate, e stenta a ritornare nel mondo del reale, anche se poi si duole sinceramente di essersi lasciato andare. Se questo nuoce all'economia positiva del libro, lascia però una maggiore possibilità di conoscere l'uo1no, di sentirlo amico sincero, vero e vivo, con i suoi difetti e le sue esaltazioni cariche di entusiasmo giovanile. Il Ricci, comunque, non si limita a negare la validità logica dell'architettosociologo, ma pone ad esame obbiettivo quanto di meglio ha prodotto questo tipo di professionisti. Le città-giardino inglesi sono il migliore esempio del viver civile in una società ben organizzata, difesa da leggi urbanistiche efficienti e guidata da una classe politica responsabile. Riconoscere il risultato positivo di una società non vuol dire condividere lo standard di vita determinato da questo ordinamento. « Prima di tutto, non esiste architettura; secondo, la noia e l'anonimia pervadono questi quartieri; terzo la statistica ci dice che in simili città nordiche il nun1ero di suicidi pazzi è al primo posto»; e in generale « Le relazioni umane fra gli abitanti sono nulle ». In ..effetti, le condizioni sono soltanto civili, « ma non mi si parli di felicità». Il Ricci si fa portavoce di un reale stato di fatto, ma la statistica da lui citata è stata più volte usata demagogicamente dalla peggiore speculazione a testimoniare la salubrità dei propri quartieri rispetto a questi tanto decantati paradisi artificiali. Il punto è qui. Se l'esperimento inglese è fallito, non per questo l'inumano agglomerato urbano dei nostri quartieri popolari è cosa migliore. Se la percentuale dei suicidi è così alta non è certo colpa della casa-giardino, forse essa è una delle componenti negative di una vita per certi aspetti tragica, ma non possiamo assolutamente stabilire un rap◄ porto di causa ed effetto: case-giardino da una parte, dall'altra alienazione mentale, pazzia e suicidio. A propo 1 sito dei piani regolatori, è acuta la definizione del nostro modo di pianificare in modo « dittatoriale». È un retaggio che abbiamo conservato inalterato dal non lontano tempo dei grandi piani fascisti: si agisce dall'alto, senza inserirsi nell'anin1a di una città o di un quartiere. L'urbanistica opera troppo spesso freddamente e decide della felicità o della infelicità di una comunità, disponendo delle frecce o dei cerchietti o su di una grande mappa topografica. « Per creare una città nostra, biso1 gna analizzare e conoscere fuori della retorica quali siano i veri valori che realizzano oggi gli uomini 123 / Bibl'iotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==