Nord e Sud - anno X - n. 40 - aprile 1963

• Cesare De Seta Gran parte dei nostri intellettuali preferisce invece, rivolgersi ad una classe scelta di specialisti, piuttosto che uniformarsi alla massa media ancora incolta, ma potenzialmente capace di evolversi come ha già ampiamente dimostrato. Se esaminiamo la bibliografia riguardante problemi di urbanistica e architettura, ci rendiamo conto che libri ed articoli si rivolgono ad una esigua èlite di specialisti. Pretendere di creare una coscienza urbanistica, estetica o politica con simili mezzi è da folli. Eppure gli ordini del giqrno dei congressi di urbanistica da dieci anni a questa parte pongono inevitabilmente il dito sulla piaga: la necessità di creare una classe politica che senta il problema delle nostre città e che, consapevole, agisca in questo senso. La capacità di non pochi professionisti italiani è ampiamente confermata dal Ricci; ma cosa fanno costoro perché si agisca dal di dentro? Nulla, o quasi nulla; chi ha buona volontà per agire sembra una bella donna intelligente ed affascinante a cui è negata la gioia della maternità. « Per questo e solo per questo - scrive il Ricci - il mio libro è così antispecifico, generico se volete... Il mio libro deve essere diverso perché il tempo è diverso. Non deve e non può appartenere solo ad alcune persone, deve appartenere a tutti ». È un rischio grosso che egli accetta consapevolmente, ma in questa volontà di rischiare noi scorgiamo la sua eccezionale carica vitale. Se il Ricci si fosse limitato - e non è proprio il suo, caso - a dire alla sua maniera le cose più ovvie e scontate sulla architettura, il libro sarebbe di per sé un fatto positivo, storicamente unico nel quadro della nostra cultura, tradizionalmente cattedratica. Nel decimo capitolo, « Appunti ad un convegno di urbanistica», l'autore pone a fuoco un atteggiamento che si va sempre più diffo·ndendo, soprattutto tra i più giovani rappresentanti della nostra cultura, che vedono nell'architetto-sociologo, o costruttore, la vera, nuova personalità dell'architetto moderno: « Anche se ciò può apparire eticamente giusto, perché contro la vecchia figura dell'artista anch'io combatto, in realtà ciò non è accettabile ... Perché essere un artista no,n vuol dire qualcosa di straordinario. Vuol dire solo un modo di porsi di fronte all'esistenza», vuol dire compiere quella funzione catalizzatrice tra fisica e metafisica, senza intervenire con credi da iniziati, con formule più o meno sibilline che spieghino l'essere stesso del fatto architettonico; l'architetto-artista si è posto nell'atteggiamento· di chi non cerchi di spiegare, ma di chi si impegni solo alla ricerca di un viver migliore. Resta per altro scontato che la conquista dell'estetica crociana pii.1 o meno consapevolmente viva in noi tutti, ci fa decisamente rifiutare la sterilizzata figura dell'architetto-sociologo. Piuttosto, oggi l'architetto più che mai ha il dovere di essere anche sociologo, per inserirsi in una società che tende più o meno lentamente ad una pianificazione su vasta scala. L'essere anche sociologo è una notevole componente dell'architetto moderno, ma resta pur sempre una fra molte componenti; dire architetto-sociologo sembra una contraddizione in termini, una colossale grossolanità, scaturita da una 122 Bibliotecaginobianco

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