Renato Perrone Capano straordinario » di Verona, che prod11ceva la fucilazione nella schiena per cinque fascisti, e la condanna a trenta anni di reclusione per un tale che dopo il voto aveva mandato le sue espressioni di pentimento al « duce ». L'esperienza delle prigioni fasciste si estende al soggiorno in un carcere improvvisato nei locali dell'ex-monastero di San Gregorio al Celio. Agli ultimi giorni del gennaio del 1944, un ordine della Questura di Roma, « che non aveva l'autorizzazione del governo del nord», produceva la liberazione del prigioniero. Ma lo stesso giorno in cui era stato rilasciato, il cittadino era ricercato nuovamente nella sua abitazione dai fascisti, e, per la generosa ospitalità di abitanti dello stesso palazzo, riusciva a sottrarre la preda ai « giovani» fascisti che davano la « caccia all'uomo». Ercole Patti riesce finalmente a conoscere il motivo di tanto accanimento dei fascisti contro di lui: dopo il 25 luglio 1943, egli aveva scritto un articolo « in cui si facevano delle critiche di ordine generale al cinema fascista»; ed era egli inoltre segnato per i fascisti a cagione del suo « normale e noto antifascismo di sempre». « Tutta la popolazione era contro i tedeschi e i fascisti, le città e le montagne pullulavano di partigiani, ben più pericolosi di quanto non potessi essere io », osserva a pagina 108 Ercole Patti, il quale dopo il salvataggio dovette trascorrere quattro mesi in una abitazione diversa, senza mai uscire di casa e affidando alla radio tutte le sue speranze di liberazione. E in queste audizioni della radio indigena egli apprende che i fascisti « avevano inventato un inesistente movimento di partigiani fascisti che avrebbero operato nell'Italia meridionale già liberata dagli alleati», avevano, cioè, costruito un falso radiofonico per far credere in certe « eroiche gesta d'O' Scugnizzo », il quale avrebbe operato « alle spalle dello schieramento nemico in Campania»; si trattava, come dice Ercole Patti, di « una pura invenzione radiofonica dei funzionari di Salò ... che, per la grossolanità con cui veniva messa in scena, risultava di irresistibile effetto comico » (pagina 118). Era proprio in zona liberata, dove era penetrato « l'odiato nemico, l'anglosassone», « il nemico barbaro », che il fascismo avrebbe dovuto dimostrare la propria presunta vitalità, di es_sere una forza viva del paese, e non dove c'era l'occupazione tedesca ! « Di quel periodo - scrive Ercole Patti, in conclusione - una delle cose che mi è rimasta impressa con un senso di orrore erano gli atti degli italiani agli ordini dei tedeschi. Si capiva che non contavano nulla, tuttavia in quel loro piglio autoritario nel quale si sentiva la timorosa dipendenza dai tedeschi, c'era qualcosa che non sono riuscito a dimenticare ... Una voce da_l tono professionale e quasi burocratico ..., che apriva e chiudeva le trasmissioni della radio repubblicana con un credo fascista che concludeva così: "Alle armi, popolo italiano, alle armi ! Per l'onore e per la libertà" ». E proprio, « quella voce, - osserva Ercole Patti, a pagina 118 - è fra i peggiori ricordi di quel periodo». Le « nonimestri catacombe » resta110 nel ricordo di coloro che si trovavano a Roma nel 1943-44; e niente rende veramente indelebile il ricordo di 120 Bibliotecaginobianco
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