Nord e Sud - anno X - n. 40 - aprile 1963

Renato Perrone Capano E. PATTI, Cronache romane, Milano, Bompiani, 1962, lire 1.200, di pagine 143, nel quale occupano le pagine 57-121, essendo uniti con altri scritti su Roma, ispirati anch'essi alla « insofferenza » e alla « lunga avversione » dello scrittore per il fascismo, rispetto al quale l'autore, uomo di liberi sensi e _di principii democratici, parla addirittura di « una questione di razza », in quanto nel fascista egli vede sempre « t1no che continua ad avere, anche se ormai domato, l'antico virus paragonabile allo spirochete sifilitico » (pag. 6) nel sangue. Ercole Patti dà nelle sue cronache della « città aperta » una descrizione della vita di Roma sotto l'occupazione nazista per mezzo delle personali esperienze, le quali portarono l'autore, senza nessuna ragione e senza la minima spiegazione, senza il rispetto sostanziale e formale della legalità, prima nel carcere giudiziario romano di « Regina Coeli » e poi nella prigione improvvisata dell'ex-convento di San Gregorio al Celio. Numerosi sono gli scrittori che hanno trattato del periodo storico di Roma fra 1'8 settembre 1943 e il 4 giugno 1944, giorno in cui i fascisti fuggivano 1 da Roma, e dalla capitale d'Italia si ritiravano i tedeschi senza avere soddisfatta la brama di Mussolini della difesa « casa per casa » o almeno « ponte per ponte» (lungo il Tevere) della « città aperta», e il popolo salutava con esultanza il ritorno della libertà, l'inizio di una nuova vita per Ron1a e il proseguimento del lavoro di ricostruzione che nelle zone liberate d'Italia era in corso di svolgimento dal primo giorno della ritirata dei tedeschi. La fine del martirio di Roma è così descritta da Ercole Patti: I tedeschi abbandonavano il combattimento», ai tedeschi si accompagnavano « sparuti gruppi di battaglioni italiani a servizio dei tedeschi», e a costoro « i tedeschi non rivolgevano la parola», mentre essi, i fascisti « repubblicani», si davano da fare con « battute dopolavoristiche che, unite al loro aspetto, ai loro pagliaccetti mimetici, ai loro baschi, facevano stringere il cuore», chiudendo così la loro tt1rpe avventura ron1ana per continuare ad esercitarsi in vergogne e in atrocità senza nome nel resto d'Italia che doveva ancora per undici mesi soffrire l'occupazione tedesca. Ercole Patti così conclude la sua amara descrizione: « Un. altro esercito occupava la città. Ma era un esercito di gente civile che dopotutto ridava valore alla dignità umana che era caduta così in basso». Per Mussolini e il suo complice necessario, l'ex-generale italiano Rodolfo Graziani, inglesi e americani erano « i barbari »: ma non facevano le rappresaglie contro innocenti, non torturavano o seviziavano i cittadini, non facevano « retate » e « rastrellamenti » per le strade, non deportavano gli ebrei nel campo di concentramento, per attuarne Io sterminio ai fini della « soluzio11e finale del problema ebraico ». La letteratura relativa alla occupazione nazista di Roma ha trattato i varii aspetti di quel periodo: le pene dei perseguitati, i tormenti dei mi• litari e dei civili insidiati nell'onore di soldati e dj cittadini e.l'Italia, le atroci sofferenze di coloro che finivano nelle mani dei fascisti « repubblicani », le prigioni dei nazisti e dei fascisti, e così via. Ercole Patti ha il merito di avere descritto, e con la mano dell'uomo di lettere, i travagli del 118 Bibliotecaginobianco

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