Nord e Sud - anno X - n. 40 - aprile 1963

Recensioni muni, del potere di decidere, ha finito col facilitare le decisioni altrui, offrendo i suoi servizi negli uffici studi delle aziende, delle amministrazioni pubbliche e favorendo così una ·sorta di praticità illiberale. Nell'un caso e nell'altro il tratto caratteristico del sociologo empirico ha assunto uno stile di pensiero frammentario, timoroso di pronunciare giudizi e di prendere posizione, in attesa che una lunga, inesauribile serie di ricerche empiriche comprovi la verità di una tesi o di una ipotesi. È il caso del sociologo « alienato», il quale, per riconquistare un dominio intellettuale perduto, se ne costruisce una parvenza nel mondo delle tecnicl1e di ricerca e della metodologia. Quivi egli si riprende la libertà perduta e trasforma gli strumenti del suo lavoro in fine a se stesso. Al pari della grande teorizzazione, l'empirismo astratto si aggrappa a una congiuntura del processo di lavoro di ricerca ed elaborazione e se ne lascia dominare. Nessuno esclude che la teoria sia necessaria alla ricerca sociale; tuttavia, fissare la fenomenologia umana in un grande unico modello teorico è - lo si è visto - porre la camicia di forza alla sociologia. Nessuno, d'altra parte, esclude che tecniche e metodo siano indispensabili al lavoro dello scienziato sociale; tuttavia, la tecnica e il metodo non debbono ostacolare o sospendere il pensiero. Per il teorico puro il 111ondo è un mondo di concetti da manipolare, spesso senza alcuna regola apparente. La teoria serve, in molti casi, come giustificazione ideologica dell'autorità. D'altra parte, la ricerca empirica, frantumata, serve ad usi amministrativi. Per il burocrate il mondo è un mondo di fatti, che debbono essere trattati secondo regole ferme. La ricerca in funzione della burocrazia serve a rendere più reale ed efficace l'autorità, fornendo informazioni utili ai pianificatori dotati di potere. Se i due stili di lavoro, e cioè l'empirismo astratto, liberale e illiberale, e la grande teorizzazione, dovessero finire per godere di un duopolio intellettuale, dice Mills, « o anche diventare gli stili di lavoro predon1inanti, essi rappresenterebbero una minaccia grave per la promessa intellettuale delle scienze sociali, nonché per la promessa politica della funzione della ragione negli affari t1mani, nel senso in cui tale funzione è stata classicamente concepita nella civiltà delle società occidentali ». Ma allora, ci si domanderà, Mills che cosa si proponeva e che cosa propone al sociologo e, in generale, al cultore di scienze sociali? In che consiste, in sostanza, la promessa intellettuale delle scienze sociali e la promessa politica della funzione della ragione negli affari umani? A queste domande si può rispondere chiarendo, in primo luogo, che l'intellettuale deve abbandonare gli ideali che storicamente sono superati. Gli ideali che hanno guidato i nostri predecessori, derivanti dalla transizione dal Medio Evo all'Età moderna e su cui molti restano ancora fern1i, sono il liberalismo e il socialismo. Mills giudica che questi due ideali o poli di orientamento siano virtualmente crollati come spiegazioni sufficienti del mondo e di noi stessi, in quanto ambedue, pur nella loro contrapposizio,ne classica, hanno in comune il presupposto della fede nel progresso come 105 Bibliotecaginobianco

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