Nord e Sud - anno X - n. 39 - marzo 1963

L'esilio dalla realtà mento interiore Le stesse rubriche dedicate ai divi del cinema e della televisio 1 ne, le indiscrezioni sulle vicende sentimentali dei cantanti o dei personaggi di sangue reale, co,ncorrono a determinare nelle lettrici quello stato che Levy-Briihl definirebbe di « participation mystique ». Non è da stupire, pertanto, se le appassionate dei fotoromanzi finiscono per considerarsi delle « esiliate », quando le necessità pratiche le riconducono alla vita di tutti i giorni; e se il « disadattamento,» psicologico che ne deriva assume, in taluni casi, forme pericolose. Potranno determinarsi, difatti, accessi di esaltazio.ne e crisi di malinco,nia, le quali - osserva P. Mendousse - sfociano talvolta nella nevrosi e nel suicidio 13• E anche quando il risveglio dal sogno non pro,voca veri e propri conflitti psichici, esso determi11a molto spesso un senso di frustrazione, difficilmente cancellabile. È chiaro che il monopolio mentale esercitato dai fotoromanzi sulle loro lettrici è tanto più pericoloso, quanto più debole è l'intelligenza delle lettrici stesse, più instabile il loiro equilibrio e più arretrata la società nella quale esse vivono. Si può affermare, peraltro, che la lettura dei fotoromanzi genera quasi sempre il convincimento che le sofferenze non sono imputabili a deficienze personali, e meno ancora a deficienze degli ordiµ.amenti sociali; tutte le difficoltà, tutti i patimenti vengono ricondotti alla cattiveria altrui. Ne deriva una incomprensione della realtà, e l'annullamento di qualsiasi incentivo a lottare per trasformarla. A-questo punto-, sorge un interrogativo di importanza fondamentale. Perché la formula editoriale dei fotoromanzi è quella che è? Non potrebbe essere diversa? Quali sono, in altri tern1ini, gli intenti dei policy ' makers di questo genere pubblicistico? Prima di tentare una risposta, non sarà inutile esaminare l'altro settore nel quale la stampa femminile italiana si articola: quello dei settimanali che in altra occasione abbiamo definito «borghesi». Ed è quanto ci ripromettian10 di fare in un prossimo articolo. RosELLINA BALBI 13 Un caso limite dell'influenza pericolosa che certa pubblicistica può esercitare su menti particolarmente sprovvedute e suggestionabili, è quello di Teresa Meschino, una ragazza di Fondi che si uccise a vent'anni perché due donne, in paese, sparlavano di lei. La lettera di addio, lasciata dalla ragazza, diceva testualmente: « Dopo la mia morte, potrete disporre del mio corpo in modo che sia accertata l'integrità del mio onore e non esista più alcun dubbio sulla mia condotta di vita ». Si venne a sapere, in seguito, che Teresa « non perdeva mai una trasmissione dei teleromanzi a puntate ... ' usciva pazza ' per leggere i fotoromanzi, e certe volte piangeva come se tutte quelle storie fossero capitate proprio a lei, e piano piano aveva imparato a parlare come le belle perseguitate che parlano dentro i fumetti» (Cfr. Noemi Lucarelli, Volle morire per snientire una calunnia, «Annabella», 3 febbraio 1963). Le calunniatrici vennero condannate dal pretore. Ma chi condannerà i « persuasori occulti »? 81 Bibli'otecaginobianco

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