Rosellina Balbi Molti acquistano regolarmente tre o quattro diversi settimanali di fo,to-- romanzi (e nessun periodico di maggiore imp,egno ). Sintomatiche, e, sotto un certo aspetto, definitive, risultano le parole pronunciate da una cosiddetta « lettrice » di fotoromanzi, nel corso dell'inchiesta televisiva cui s'è accennato più sopra 9 • Richiesta se le sarebbe piaciuto leggere dei buoni libri, in avvenire, la ragazza rispondeva - senza la più piccola esitazione - che « nessun libro può essere bello come un fotoromanzo ». Tuttavia, si dirà, i settimanali di fotoromanzi contengono pure delle pagine « scritte »: le quali, bene o male, rappresentano un insieme di parole, frasi, periodi; costruzioini sintattiche, insomma. Lo concediamo: vi sono, ad esempio, le « vicende di vita vissuta», i racconti, i romanzi a puntate. È anche vero, peraltro, che questa prosa lascia a desiderare, abbastanza spesso, dal punto di vista della correttezza idiomatica; onde è lecito chiedersi fino a che punto possa ritenersi benefico quel tale esercizio di lettura, che induceva Mannucci ad assolvere (in quanto strumento materiale) il fotoromanzo. A parte i yalori formali, poi, bisogna pure tenere presenti quelli di contenuto; e qui il giudizio non può essere che risolutamente negativo. Le trame macchinose e dolciastre che vengono generalmente proposte al pubblico, la ricerca del melodrammatico, il calcolo « della reazione bruta allo stimolo », sono tutti elementi che concorrono a giustificare la più severa condanna. Né ci si venga a dire che si tratta di una « let_teratura popolare »: nulla è più lontano dalla naturalezza e dalla semplicità di un Dickens (o anche di un Dumas, se si vuole) di queste storie grossolane, che rappresentano il trionfo del cattivo gusto e della volgarità. Esse ci fo,rniscono la misura dj ciò che Dwight Mac Donald definiva la « cultura commercializzata » al suo livello più basso: « n1erce per consumo di massa, come la gomma da masticare ». Citavamo poc'anzi la distinzione, fatta da Adorno, tra la vecchia, autentica cultura popolare, e la moderna cultura di massa. Uno dei principali elementi di differenziazione, che Mac Donald mette in luce, è appunto questo: l'arte popolare era una creazione spontanea, una espressione autoctona del popolo, « formata dal popolo stesso per soddisfare i suoi bisogni » 10 , mentre la cultura di massa viene imposta dall'alto, è un prodotto fabbricato su commissione. 9 L,inchiesta era dovuta all'attore-giornalista Antonio Cifariello. Nel numero del 2 febbraio scorso, il settimanale « Grand Hotel » ricordava a Cifariello la sua partecipazione, anche recente, ai fotoromanzi, e definiva « superficiale e approssimativa » l'inchiesta da lui condotta. A dire il vero, le conclusioni di Cifariello non contenevano alcunché di offensivo, nei riguardi dei fotoromanzi; e il motivo dell'irritazione di « Grand Hotel » ( che è il settimanale più qualificato del genere) non risulta troppo chiaro. 10 Dwight Mac Donald, A Theory of ,.Mass C'ulture, in « Mass Culture», p. 60. 78 B"bliotecaginobianco_
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