L'esilio dalla realtà (se la memoria non ci inga11na) la riduzione a fumetti della Divina Commedia: fautore anch'egli, evidentemente, del « meglio questo cl1e niente ». E Cesare Mannucci - il quale, pure, nega ai romanzi sceneggiati della televisione ogni capacità di stimolare, negli spettatori, il piacere della lettura - ritiene che il « fumetto stampato » possa costituire « un utile mezzo per mantenere in esercizio la capacità di lettura acquisita a scuola » 2 : attribuendogli, quindi, il valore di un mezzo materiale preliminare. A nostro giudizio, è già discutibile che, nel caso di un settimanale a fumetti, si possa parlare di « lettura »: non è senza significato che, tra le « lettrici » dei fotoromanzi, si annoveri una non esigua percentuale di analfabete. Come giustamente osserva Gian Luigi Falabrino, il pubblico dei fotoromanzi, che poi coincide « col pubblico più suggestionabile del cinema e della televisione, cioè di altri mezzi che si esprimono essenzialmente per immagini, non' legge' i fotoromanzi: 'guarda' altre immagini, accanto alle quali ci sono poche frasi, scritte in italiano approssimativo e rapido, di valore soltanto accessorio». E non si vede « come si potrebbe passare da storie a forti tinte e a grossi sentimenti, ' caricate ' dalla fotografia e da un linguaggio grossolano, alla finezza del racconto costruito, dosato, dove i sentimenti sono, descritti o addirittura sottintesi, e mai urlati ... » 3 • Vero è che non tutte le storie dei fotoromanzi rappresentano una creazione originale: abbondano, per esempio, le riduzioni dei romanzi d'appendice dell'Ottocento francese, come « Il fiacre n. 13 », « Le due orfanelle », « Il vetturale del Mo11.cenisio », « Il romanzo di un giovane povero », e così via. Trasparente è la 1notivazione di simili scelte: si tratta, ancora una volta, di trame rozzamente congegnate, le quali non solamente attirano i lettori fuori della realtà economica e sociale del loro tempo, ma offendono qualsiasi verosimiglianza psicologica. Accennando a questi feuilletons (dei quali deplora la riduzione televisiva) Mannucci li definisce un « ciarpame sentimental-reazionario », « un tipo di 'oratoria' attraverso cui la borghesia ottocentesca si faceva beffe - nell'atto stesso in cui si preoccupava di tenerle ancorate a certi clichés morali e sociali - delle classi popolari della società » 4 • Riproporre al giorno d'oggi simili temi, significa spingere il conformismo verso forme di autentica esasperazio,ne. La vecchia cultura popolare, scrive T. W. Adorno, conservava un certo equilibrio tra la sua ideologia sociale e le effettive condizio,ni sociali del tempo, laddove la moderna cultura 2 Cesare Mannucci, Lo spettatore senza libertà, Ed. La terza, Bari 1962, pag. 239. 3 Gian Luigi Falabrino, Amore ed Evasione, « Il Mondo», 18 settembre 1962. 4 C. Mannucci, op. cit., pag. 199. 75 Bibliotecaginob~anco
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