Sergio Antoriucci rispetto a Milano e a Torino, anche per il minor. ritmo di sviluppo della città (indice di aumento delle forze di lavoro occupate: Milano 54%, Torino 40%, Genova 20%, media nazionale 33%) e per il minor incremento della popolazione (Torino 41%, Genova 12%). Ma questa immigrazione crea lo stesso problemi che bisogna esaminare e cercare di risolvere con · soluzioni e strumenti globali e non settoriali, grandi visioni d'insieme e non particolaristiche e momentanee. Abbiamo il fenomeno della segregazione, dell'appartamento del gruppo d'immigrati, abbiamo quello della casa: la popolazione degli abituri (erano 6000, per il 68% meridionali) è diminuita di 3/4 negli ultimi 5 anni, ma la gran massa degli immigrati vive tuttora in case deteriorate insicure malsane, nel centro storico (dove il 42% è formato di meridionali) e in periferia. Abbiamo il fenomeno della criminalità, che i meridionali hanno portato con sé in forme tipiche, talvolta organizzate. Queste ultime sovente traggono alimento dalla carenza di istituti e organizzazioni di assistenza. A Genova il 23% dei crimini minorili sarebbe stato co,mmesso da meridionali (i quali rapp,resentavano invece 1'11 % della popolazione). Vi è poi il problema della scuola, che i giovani meridionali tendono ad abbandonare prima del tempo e con scarso profitto. Causa di ciò le condizioni ambientali ed economiche, l'influsso delle famiglie, che spesso giudicano l'obbligo scolastico alla stregua di quello militare e spingono i figli al lavoro precoce invece che a scuola. Ma cosa ci si può attendere da genitori che J)·er il 65% circa si sarebbero arrestati al di sotto della 3a elementare, e solo per l'l %, o poco più, avrebbero superato la Sa? Nel lavoro, i meridionali tendono ad accettare le offerte meno vantaggiose per i mestieri più umili, venendo a formare una specie di ceto infimo della popolazione, pronti a subire ogni genere di sfruttamento da parte dei mediatori. L'adattame11to dei meridionali al lavo,ro, anche secondo l'opinioine espressa da alcuni psicologhi intervenuti successivamente nelle discussioni, presenta poi difficoltà particolari: essi hanno un tipo di cultura ed esigenze affettive ed affiliative che mal si conciliano con quelle produttivistiche della fabbrica, e sono motivati al lavoro più in termini di persona che di ruolo. Cavalli ritiene di poter concludere che i meridionali costituiscono effettivamente un tipo particolare di immigrazione, nella quale i feno-meni cui ha fatto cenno non sono che manifestazioni interconnesse di un unico quadro generale. Egli, pur allontanando da sé ogni pregiudizio· antimeridionalistico, e riconoscendo la forzosità dell'emigrazione meridionale e le cause della situazione di inferiorità che è alla sua origine e l'accompagna, non esçlude che il perdurare di questo stato di cose, se non vi saranno stati opposti acconci rimedi, possa portare, in futuro, a « qualcosa che potrebbe anche non piacerci»; ed ha additato all'attenzione del pubblico, pur senza entrare in argomento, il vivo e crescente interesse che partiti e sindacati hanno cominciato a mostrare per il problema. Tutto sommato ci sembra che Cavalli veda la temuta apocalisse in una sensibilizzazione politica di queste 60 Bibliotecagi obianco
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