Nord e Sud - anno X - n. 39 - marzo 1963

Note della Redazione constatare come questo foglio, il quale, pure, si defi11,isce co1ne « il grande quotidiano del Mezzogiorn.o », incontri ancora troppe difficoltà e resiste11ze se cerca di rinnovarsi e soprattutto se cerca di affrontare in profondità i gravi temi della realtà meridionale in, genere, e napoletana in ispecie; e come non solamente esso sia costretto a rispettare una colpevole consegna del silenzio sulle piaghe, anche vistose, di certo malcostume politico ed amn1inistrativo, ma sia i11dotto spesso a tradire un cresce11te e preoccupante entusiasmo per gli argo1nenti di carattere filologico ed altri consin1ili temi di scottante attualità. · A Napoli, pertanto, ci trovia1no in una specie di palude, nelle cui acque morte tutto finisce per affondare quieta111ente. Ciò non giustifica, peraltro, certo co1npiaciuto insistere su luoghi co11zuni or1nai stantìi: quale, ad esempio, quello della « miseria e ·nobiltà» dei 11apoletani ( quasi che la prima sia condizione necessaria della seco11cla, e che nella n1iseria, per l'appurito, si voglia indicare un valore positivo e per,nanente della realtà napoletana). È un ge11ere di retorica che defini1·enimo folcloristico, se non ne f assero palesi gli scopi, non del tutto disiriteressati. Per queste, ed analoghe considerazioni, non si può passare sotto silenzio quanto ha scritto il « Mattino » in occasione della recente serata di gala al San Carlo, che ha costituito la nianifestazione conclusiva di « Bo11tà di Napoli». È, questa, una vistosa carnpagria di beneficenza, che lo stesso « Mattino » annualmente pro1nuove, e della quale non nzanca di 1nenare gran vanto. Ora, è evidente che la beneficenza può assolvere una funzio11e, sia pure peregrina, soltanto nelle zone econoniicanie11te e S0JJrattutto n1oral1nente depresse; si può a11zi aff er1nare che le proporzioni che essa assun1e forniscono ùi qualche modo la 1nisura dello stato di arretratezza di una comunità. Nessuno potrà negare, difatti, che in una società evoluta 11011 avrebbero ragione d'essere iniziative qitali « Bontà di Napoli »: nobili finché si vuole, ma assolutaniente i11accettabili come soluzioni (anche parziali) dei problemi legati al divenire civile di un paese; e comunque diseducative, non meno di certe campagne elettorali di certi partiti. Ed è proprio l'estinguersi - per mancanza di sbocchi - del filone della pubblica carità, che costituisce il segno inequivocabile di una raggiunta niaturità sociale, e di una progredita condizione civile. Non possiamo, pertanto, condividere l'opinione del «Mattino», secondo la quale « proprio con iniziative come 'Bontà di Napoli'» la città « ritrova non solo la sua unità, ma anche la più degna continitazione delle sue tradizioni ». Simili considerazion,i sono taln1ente incaute, da offrire il fianco persino alla critica del « Roma »: il quale, in un editoriale intitolato « Carità pelosa», definisce « Bontà di Napoli» come « un continuo imbonimento pubblicitario del qitotidiano che la promuove», e trova modo di scendere in lizza in difesa dei sacri diritti della città, osservando che non di elemosine il popolo napoletano ha bisogno, bensì di concreti aiuti da parte dello Stato (concepiti, poi, magari, da giornali come il «Roma», anch'essi come un'altra forma di carità cui si ha diritto). 40 Bibliotecaginobianco ,

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