Nord e Sud - anno X - n. 39 - marzo 1963

Note della Redazione tuti è stato ancora u11a volta risolto con discutibili criteri di sottogoverno: un socialista a Palern10, un de111ocristiano a Napoli. L'uno e l'altro rappresentano forse un passo ava11ti rispetto alle situazioni preesistenti che erano quelle che erano - e tuttora sono - e rispetto alle quali non è davvero difficile fare un passo avanti. · Ma il problema non consisteva e 110n consiste nell'avere anche un socialista fra i quadri che presiedono alla politica di industrializzazione e ne controllano gli strumenti principali; così come non consiste nell'avere un democristiano pitt efficiente al posto di quello che era stato considerato dalla voce pubblica poco efficiente. Né è qitestione di galantuomini: certo il sindaco Menna e l'avv. Sorge sono dei galantuomini, ma anche il marchese Battiloro della Quarta Rocchetta è un galantuomo, anzi addirittura itn gentiluomo, 11el gergo convenzionale dei cronisti di cerimonie ufficiali. Non è questione di galantuomini, dicevamo, nia è questione di esperti, dei migliori esperti di credito industriale disponibili nel paese e che dovevano essere chiamati nel Mezzogiorno, in11estati 1iel tessuto politico· del Mezzogiorno, impegnati nella politica di industrializzazione del Mezzogiorno: si è perduta in questo senso u1i'altra occasione. L'I sveimer e l'I rfis furono creati per imprimere u1ia spinta al processo di industrializzazione quando si coniinciò a parlare di un secondo te1npo della politica 1neridio1ialista, dell'esigenza, cioè, di affrontare con adeguati strunienti, e quindi anzitutto col credito a medio e lungo termine, i proble1ni dell'industrializzazione vera e propria, perché, oramai, si poteva dire che la cosiddetta preindustrializzazione era stata avviata. Ma l'/ sveimer e l'lrfis sono stati senipre al centro di 1nolte discussioni e l'oggetto di aspre critiche. E soprattutto si è detto di essi che, lungi dall'assolvere le funzioni p[!,r le quali eran,o stati creati, il loro comportamerito non risultava gran che diverso da qitello delle banche tradizionali. L'Isveimer e l'lrfis, cioè, finivano con l'essere in realtà nie11te altro che «doppioni» delle banche ordinarie e finivano col risultare alla prova dei fatti assai meno efficaci, come strumen.ti propulsivi dell'industrializzazione, di quanto non lo fossero altri strume11ti, creati in sedi diverse da quelle in cui si decidono le linee generali e gli orie1itan1enti particolari della politica meridionalista. Ma di tutto questo non ci si poteva stupire, né sca11dalizzare, una volta che ci si era preoccupati solo di creare certi strumenti, senza preoccuparsi in pari tempo degli uomini che avrebbero dovuto adoperarli; e si erano pertanto chian1ati a presiedere alle sorti dei nuovi istituti non gli esperti della materia, ma i notabili disponibili ed esponenti di un vecchio perso11ale bancario, tutt'altro che culturalmente agguerriti nei confronti dei problemi di un 1noderno processo d'industrializzazione (faceva eccezione in questo quadro, è doveroso ricordarlo, il direttore generale dell'IRFIS). Perciò si è detto e ridetto, specialmente nelle discussioni che hanno accompagnato la formazione della nuova maggioranza, che nel Mezzogiorno v'era una questione pregiudiziale da affrontare, la questione dei quadri, della classe dirigente, degli uomini che dovevano essere chiamati ad ado37 Bibl"otecaginobianco

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