Nord e Sud - anno X - n. 39 - marzo 1963

I giornalisti e la paura della libertà In realtà se c'è qualcuno sovente colpito e oppresso, questi è il giornalista che esercita con intransigenza il suo diritto di registrare avvenin1enti e di criticarli, denunziando le cose che non vanno. A questo giornalista i molti ambienti che nel nostro paese risentono ancora dei frutti del fascismo, oppono una loro reazione sempre più illiberale. L'intolleranza verso chi osa contravvenire all'aureo precetto di « pe·nsare solo ai casi propri >> - è un'altra osservazione del Battaglia - si traduce nel tentativo di imbavagliare, scoraggiare la stampa attraverso l'abuso delle querele per diffamazione, o delle denunzie per vilipendio. Guai a c·hi critica: è il motto di quanti scendono in campo armati dì carta da bollo e richieste di danni per la « crociata » contro le cosidette « licenze della stampa ». E le leggi, frutto del sospetto in cui è stata sempre tenuta in Italia la libera espressione del pensiero e la libera polemica, offrono sen1pre a questi « crociati » più di un valido punto d'appoggio. Possibile dunque che siano proprio dei giornalisti a forni re nuovi punti di appoggio ai loro naturali avversari? E che dei giornalisti, lungi dal cercare di alleggerire la pressione delle leggi che gravano sulla stampa, si adoperino ad aumentarla, ponendo nuovi limiti alla esplicazio·ne della loro attività o ergendosi a giudici dei loro colleghi? Si tratta, purtroppo, di domande retoriche, dal momento che abbiamo ora una Legge sull'Ordine con1e quella di cui s'è detto. Ed è di ben modesto conforto il fatto che non sia stata appro.vata l'inclusione, nel testo della nuova legge, d'un « codice etico del giornalismo » elaborato personalmente dall'on. Gonella, col quale la libertà del giornalista , avrebbe ricevuto il colpo di grazia. Perfino la legge fascista del '28 era, riguardo al comportamento del giornalista, meno invadente: essa parlava infatti di « mancanze e abusi commessi nell'esercizio della professione », e non estendeva, quindi, la sua azione fino al comportamento privato del giornali~ta, come fa invece l'art. 11 della nuova legge, imponendo all'Ordine niente di meno che una vigilanza « sulla condotta morale e sul decoro degli iscritti ». Così la legge del febbraio scorso non poteva sancire una resa più completa alle tesi di quanti sostengono che siano necessarie limita- ~ioni e restrizioni per l'attività giornalistica. Questa resa è il prezzo assai caro pagato dai giornalisti italiani per ottenere un loro Ordine professionale; e ci sembra evidente che non valeva la pena di pagarlo. I vantaggi offerti dalla nuova legge ai giornalisti, sono infatti, piuttosto limitati e si concretano essenzialmente in alcuni privilegi corporativi; 15 Bibl"otecaginobianco

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