Ernesto Mazzetti cutivo uno strumento capace di rivelarsi assai utile in presenza delle temibili circostanze cui accennavamo sopra. A scorrere il testo della legge istitutiva dell'Ordine si ha l'impres-- sione che in essa circoli una vera e propria « paura della libertà ». Sarebbe stato grave se respo·nsabili di tanta cautela, di tante preclusioni all'accesso e all'uso, delle colonne di giornale, fossero stati soltanto uomini di governo e parlamentari reazionariamente preoccupati delle conseguenze che una stampa troppo libera e indipendente potrebbe determinare sull'estensione del loro potere. Ma è ancora più grave che, per quanto ci è dato sapere, alla formulazione del progetto abbiano partecipato attivamente autorevoli esponenti degli organi rappresentativi dei giornalisti. E sinceramente non possiamo comprendere perché costoro abbiano contributo a preparare delle norme che contrastano con quello che dovrebbe essere il loro fondamentale interesse: fruire cioè, della più piena e assoluta libertà di espressione e della possibilità di esercitare questa libertà al riparo, almeno in situazioni politiche normali, da ogni possibile condizionamento. La libertà del giornalista, infatti, non dovrebbe trovare altro limite che negli articoli del Codice Penale che puniscono l'ingiuria, la diffamazione, l'invenzione consapevole di notizie tendenziose. Mancano forse tali norme, al punto da rendere necessario l'art. 2 della nuova Legge sull'Ordine che fa « obbligo inderogabile » al giornalista di rispettare la verità dei fatti, i doveri della lealtà e della buona fede? Certamente no: anzi, in tema di diffamazione a mezzo stampa il Codice Penale no,n è per nulla incline all'indulgenza. La diffamazione è punita con la reclusione sino a tre anni, e il querelato - salvo che non ne faccia richiesta il querelante, o che quest'ultimo sia un pubblico ufficiale - non è ammesso a provare, a sua discolpa, la verità o la notorietà del fatto attribuito alla persona offesa. Inoltre, chi nella sua attività giornalistica è poco ossequiente verso i poteri costituiti, le autorità straniere, i culti ammessi nello Stato, la famiglia, l'integrità e la sanità della stirpe (sic), incorre nei rigori della legge, e sa che la magistratura (salvo rare eccezioni) è del tutto aliena dal riconoscere che nell'esercitare il diritto di cronaca, critica, censura e pubblica accusa - esponendosi non di rado a molteplici rischi, - il giornalista si rende benemerito giacché - come osservava Adolfo Battaglia nel Con·vegno degli « Amici del ' Mondo ' » dedicato alla libertà di stampa - « adempie al più importante dei suoi compiti, ch'è proprio quello di porre in remora i cittadini peggiori e, al caso, di denunciarne le malefatte perché essi vengano· colpiti e oppressi ». 14 Bibliotecaginobianco
RkJQdWJsaXNoZXIy MTExMDY2NQ==