Lettere al Direttore se il backbenchez può perdere il suo seggio d~ deputato, nel caso di una sconfitta egli stesso perderà sicuran1ente il suo· posto di capo del governo. Da questo punto di vista la dissoluzione non gioca alcun ruolo nella stabilità politica inglese. Sono d'accordo che il P. M. dissolve nel 1nomento più favorevole (o meno sfavorevole) per il suo partito, 1na non bisogna esagerare questo aspetto. Dalla fine della guerra è stata sempre rispettata la convenzione che vuole la dissoluzione annunziata con, tln buon margine di ten-zpo, larganiente superiore al minimo richiesto dalle leggi, prima della data delle elezioni. Una « snap election » è oggi inipensabile. Se è vero che ci può essere un certo vantaggio a dissolvere al momento opportuno, esso è accessorio e secondario. La reale funzione della dissoluzione è quella di rendere più elastica, -flessibile, la macchina costituzionale. Il P.M. sa che egli non è legato al termine quinquennale; se gli occorre un nuovo Parlamento o se desidera una nuova elezione, egli può averli quando gli pare. Il P. M. può volere un nuovo Parlamento per rafforzare la sua posizione, all'interno o all'estero (per questo motivo Eden sciolse il Parlamento appena succeduto a Churchill), o per avere indicazioni su una questione fonda1nentale (ci furono parecchi suggerimenti che Mac!vlillan dovesse dissolvere sul tema del Mercato Co1nune), etc. Ma la dissoluzione non ha proprio nulla da fare coi rapporti esecutivo-legislativo. Che la evoluzione democratica abbia avuto come conseguénza un rafforzamento perlomeno delle pretese delle Asseniblee legislative, non 1ni sentirei di affermarlo con sicurezza. L'esempio dell'Inghilterra sembra anzi additare il contrario: i grandi giorni del Parlamento cominciarono a tramontare con le riforme democratiche, dal Ref orm Bill del 1831 in poi. Ed è logico: la nascita dei partiti 1noderni, come organizzazioni nazionali, non meramente come gruppi parlamentari, con il conseguente mutamento dei rapporti Parlamento-governo, è strettamente legata all'allargamento del suffragio. La questione di fondo è però: si può impostare il problema della stabilità del governo e della solidità delle istituzioni come problema dei rapporti tra esecutivo e legislativo? L'articolo del prof. De Caprariis era soprattutto una critica al progetto del Club I ean Moutin: mi pare tuttavia che la critica dovrebbe essere diretta all'idea stessa del progetto più che al suo contenuto. Qui per inciso dirò che nulla è così rappresentativo di una mentalità francese molto diffusa (o della mentalità francese tout court) quanto quelle riunioni di giuristi democratici per redigere una costituzione che evitasse i mali della Quarta Repubblica e fosse al tempo stesso antigollista. Come se i" mali della Quarta Repubblica dipendessero dal fatto che non s'era « trovato » un sistema per far lavorare insierrte governo e Parlamento! Il punto è che oggi non ci si può concentrare sulla contrapposizione esecutivo-legislativo senza rischiare d'andare fuori strada. Questa contrapposizione era reale allorché i due poteri rappresentavano delle forze politiche diverse, come era, ad es., nell'Inghilterra del XVIII sec., quando il 122 Bibliotecaginobianco
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